QUO VADO?

(Regia: Gennaro Nunziante, 2016, con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi, Ninni Bruschetta, Sonia Bergamasco, Lino Banfi)

QUO VADO?

Checco (Checco Zalone) è un pigro e viziato ragazzo che lavora da ben quindici anni in un ufficio pubblico godendosi i privilegi e le agevolazioni del posto fisso. Le cose cambiano quando, a causa della riforma delle province che elimina gli enti statali inutili, Checco è costretto ad una scelta: dimettersi e abbandonare il tanto agognato posto fisso o accettare i vari trasferimenti in giro per l’Italia, finendo persino a lavorare in Norvegia. Aveva già stupito in termini d’incassi con il precedente Sole a catinelle, ma Checco Zalone con il suo quarto film Quo Vado?, è riuscito a superarsi incassando nei primi tre giorni l’impressionante cifra di 22 milioni di euro. Piaccia o non piaccia, che si salga o meno sul carro dei vincitori o più che giustamente si rimanga della propria idea, il fenomeno Zalone va valutato e analizzato senza superficialità. Ma è altrettanto importante provare a scindere il fenomeno mediatico dal film, dai suoi pregi e difetti. A onor del vero, Quo Vado? si leva di dosso le mediocrità che permeavano la struttura delle opere precedenti della coppia Nunziante-Zalone, il passo in avanti c’è nell’aver abbandonato il collage di sketch televisivi a favore di un maggior impegno di scrittura (seppur elementare) e nella coesione del racconto, e gli unici residui da tv-cabaret rimangono la maschera comica di Zalone e alcune battute che vengono dai tempi di Zelig. Merito anche di un cast che finalmente regala a Zalone una vera controparte femminile, grazie alla bravura di Eleonora Giovanardi, sorta di opposto caratteriale ed estetico del protagonista.
Detto di queste evidenti migliorie, Quo Vado? soffre comunque di un eccessivo didascalismo e nonostante le ambizioni negate (in ogni caso si citano TFR, posto fisso e mobilità e una lettura “politica” ci potrebbe stare), il ritratto dei vizi e delle virtù dell’italiano di oggi resta sempre in superficie e qualche aspetto appare stantio. Zalone a volte azzarda ma non graffia, sfiora soltanto ma non affonda il colpo. Forse è proprio questo il segreto del successo, il toccare senza approfondire, buttare il sasso ma non colpire nessuno, stare in equilibrio col politicamente corretto senza rischiare, e soprattutto ridere col pubblico di cose che il pubblico conosce e trasforma in sorriso, ma senza spingersi oltre, anche barattando con qualche banalità di troppo. (rt)

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