ASSASSIN’S CREED
(Regia: Justin Kurzel, 2016, con Michael Fassbender, Marion Cotillard, Jeremy Irons)

“Collegato”, tramite un fantascientifico macchinario (l’Animus), alle memorie di un antenato appartenente al credo degli assassini, un recalcitrante criminale (Fassbender) si trova catapultato ai tempi dell’inquisizione spagnola, dove dovrà recuperare una leggendaria mela che contiene il codice genetico all’origine del “seme” della violenza. In questo (libero) adattamento della serie di famosissimi videogame della Ubisoft, il regista Justin Kurzel (l’ultimo Macbeth) ambirebbe, quantomeno sul piano visivo, ad elevare la materia al di sopra della sua origine “ludica”. Ci riesce nell’incipit, con il volo digitale ed epico dell’aquila accompagnato da Entrance Song dei The Black Angels, e in parte nelle lunghe sequenze di battaglia, immerse nella polvere, nel caos, nel sangue, in una maniera abbastanza inusuale per gli standard del mainstream odierno. Ma poi i personaggi (interpretati da un illustre cast in palese imbarazzo, a partire da Cotillard e Irons) dicono e fanno cose senza alcuna logica, e lo spettatore che non ha mai tenuto in mano un pad, non può che sprofondare nel più totale disinteresse per ciò che si agita sullo schermo. Per tacere dei raccapriccianti sottotesti di matrice lombrosiana che vorrebbero spacciare la criminalità come fattore genetico, tramandabile ai propri discendenti. Poco da fare, salvo rarissime eccezioni (un paio di episodi del franchise di Resident Evil, Prince of Persia) quella di portare i videogame sul grande schermo resta un’idea terribile. (ap)
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