AUTOPSY

(Regia: André Øvredal, 2016, con Emile Hirsch, Brian Cox, Ophelia Lovibond, Michael McElhatton)

AUTOPSY

Qual è l’identità del cadavere della bellissima ragazza senza nome (la Jane Doe del titolo originale) che finisce sul tavolo dell’obitorio della famiglia di medici legali Tilden (padre prossimo al pensionamento e figlio che vorrebbe levare le tende assieme alla fidanzata)? Com’è morta la ragazza e perché mano a mano che i Tilden proseguono nel dissezionare il suo cadavere avvengono eventi spaventosi e inspiegabili? Bisognerebbe iniziare a dubitare dei consigli di Stephen King riportati sulle locandine nostrane di horror di prossima uscita: in genere sono garanzia di pacco. Non fa eccezione questo film del norvegese André Øvredal (il modesto Trollhunter) che parte pure da premesse intriganti, riesce a imbastire una tesa atmosfera di mistero e paranoia, ma poi si perde (mal supportato da un cast di rara pedanteria, a partire da Emile Hirsch che non fa altro che sgranare gli occhi) in uno script ovvio, prevedibile come gli spaventi che arrivano fuori tempo massimo. E’ solo un horror(ino) che si accontenta di portare a casa il compito, ma non dice nulla di nuovo sull’oggi, né riesce a riflettere sul passato del cinema di genere e, ad essere buoni, sembra un episodio scartato della serie antologica I racconti della cripta. Peccato alcuni lo abbiano scambiato per grande cinema. (ap)

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