GHOST IN THE SHELL

(Regia: Rupert Sanders, 2017, con Scarlett Johansson, Takeshi Kitano, Michael Pitt, Juliette Binoche)

GHOST IN THE SHELL

L’atteso-temuto adattamento americano del famosissimo anime creato da Shirow Masamune, già all’origine di svariati lungometraggi e serie televisive animate, nonché pietra angolare dell’immaginario cyberpunk, poteva sulla carta essere un kolossal ambizioso e interessante: dalla scelta – azzeccata – di Scarlett Johansson (dopo Lucy e i vari Avengers sempre più hard body femminino del cinema action Usa) come protagonista, a quella del cast di supporto (addirittura Takeshi Beat Kitano), sino alla raffinata ricostruzione digitale del mondo distopico immaginato nei fumetti attraverso gli effetti della Weta. Purtroppo il prodotto finito, oltre ad aver pochissimo da spartire con Ghost in the Shell, di cui non fa che mescolare e riciclare in maniera banale qualche intuizione, è solo un blockbuster dall’esile intreccio noir (si dà la caccia ad un hacker misterioso) che si prende dannatamente sul serio, annoia lo spettatore e cela un vuoto pneumatico di ispirazione e idee. La spiritualità e le inquietudini di Shirow Masamune sono solo uno specchietto per le allodole all’interno di una sceneggiatura che non sapendo dove andare a parare tira in ballo (ancora?) i limiti etici della scienza e il rapporto tra la macchina e l’uomo, come in una variante femminile di Robocop. Un contenitore vuoto, magari bello “da vedere”, ma assolutamente inerte e dimenticabile. (ap)

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