VICTORIA

(Regia: Sebastian Schipper, 2015, con Laia Costa, Frederick Lau, Franz Rogowski)

VICTORIA

Un unico piano sequenza (senza trucchi di montaggio) di 130 minuti ci narra la notte a Berlino della straniera Victoria (Laia Costa) con quattro sconosciuti che non promettono nulla di buono: e infatti la prima parte sembra quasi funzionare, nonostante qualche lungaggine. Ma a un’ora dall’inizio si trasforma in un film di genere ed è sempre più difficile sospendere l’incredulità, complice una sceneggiatura di sole 12 pagine (!) che punta tutto sull’improvvisazione degli attori. Sebastian Schipper voleva riflettere sull’amoralità dei nostri tempi? La fascinazione del male da parte degli ingenui? Non si capisce, e così il film rimane solo un pretenzioso e sterile esercizio di stile, buono per tesisti del Dams, con tanto di finale aperto che tanto piace ai festival per ribadire lo snobismo verso il genere “puro”. Enter the Void ha già fatto danni. Tra parentesi: ho visto il film in originale e spero che il doppiaggio italiano non abbia appiattito tutti i dialoghi usando una sola lingua (come è già successo, ad esempio, con In Another Country di Hong Sang-soo). (dv)

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