BABY DRIVER – IL GENIO DELLA FUGA

(Regia: Edgar Wright, 2017, con Ansel Elgort, Kevin Spacey, Lily James, Jon Hamm, Jon Bernthal, Jamie Foxx)

BABY DRIVER – IL GENIO DELLA FUGA

Curiosamente due film appena usciti sui nostri schermi, molto diversi tra di loro, ossia Dunkirk di Christopher Nolan e Baby Driver di Edgar Wright, operano all’interno del proprio genere di riferimento, quello bellico nel primo caso e l’action nel secondo, lavorando con i suoni e la colonna sonora più che sull’immagine (senza contare l’esempio di Twin Peaks in televisione). Una sorta di re-invenzione uditiva del cinema spettacolare che lascia sovente a bocca aperta. Il ticchettio di un orologio in Nolan, e il fischio che tormenta l’orecchio del protagonista di Baby Driver – Il genio della fuga, sono il Leitmotiv sonoro incessante di una colonna sonora che scorre ininterrotta per l’intera durata della pellicola. In Dunkirk è il lavoro quasi sperimentale e avant-garde di Hans Zimmer e Benjamin Wallfish a farla da padrone, in un possente score che alterna a synth e ritmi marziali una reinterpretazione digitale dei temi di Sir Edward Elgar, mentre la musica si mescola senza soluzione di continuità con i suoni delle bombe, degli aerei, delle onde che incontrano gli scogli sulla spiaggia francese della celebre battaglia. Wright, d’altro canto, in quello che è uno struggente e scatenato incontro pop tra Driver L’imprendibile e West Side Story (ma anche Dentro la grande mela), mette in secondo piano la parola, e sommerge tutto nella musica rock (soul, pop, rap… poco importa) costruendo ogni singola scena del suo film come una coreografia action impossibile che scorre sulle note di un brano musicale (da Bellbottoms dei Jon Spencer Blues Explosion a Brighton Rock dei Queen). In entrambi i film il montaggio delle immagini ci sembra dettato dai ritmi dei suoni e della musica, anziché il contrario: Nolan e Wright sembrano costruire due ambiziose ouverture in cui la tensione è scandita dai battiti del metronomo nel tentativo, coraggioso, di riconsegnare il potere del cinema (quello con la C maiuscola, giusto fare distinzioni nei tempi degli “originali” Netflix) alle immagini e ai suoni, più che alle parole e alla sceneggiatura. Missione compiuta. (ap)

voto_5

 

e Dunkirk:

voto_4