TRIPLE FRONTIER

(Regia: J.C. Chandor, 2019, con Oscar Isaac, Ben Affleck, Charlie Hunnam, Garrett Hedlund, Pedro Pascal)

TRIPLE FRONTIER

L’agente speciale Santiago “Pope” Garcia (Oscar Isaac) viene a conoscenza del patrimonio miliardario appartenente a un narcotrafficante a cui sta dando la caccia da tempo, i soldi sarebbero all’interno della villa dell’uomo in Colombia. Per organizzare un colpo, Pope contatta 4 ex colleghi delle forze speciali in congedo: Tom “Redfly” Davis (Ben Affleck), William “Ironhead” Miller (Charlie Hunnam) e suo fratello Ben (Garrett Hedlund), Francisco “Catfish” Morales (Pedro Pascal). Nel tentativo di prelevare il denaro, i cinque uomini dovranno far fronte a imprevisti che potrebbero mettere a repentaglio la loro azione. Distribuito sulla piattaforma Netflix a partire dal 13 marzo, Triple Frontier è il nuovo film di J.C. Chandor dopo gli apprezzati Margin Call, All is Lost e A Most Violent Year. Scritto assieme al celebre Mark Boal (sceneggiatore di Nella Valle di Elah e degli ultimi tre film firmati da Kathryn Bigelow), il film vede un cast corale di nomi pesanti e tutto al maschile. Dopo la ricerca e varietà di generi dei tre film precedenti, J.C. Chandor realizza probabilmente il suo film più classico e catalogabile. Pur nella commistione di stili, Triple Frontier è infatti un action crime con sfumature di poliziesco. L’abito è quello di una messa in scena solida e di una regia sicura (su tutto la decisa e coinvolgente sequenza della rapina), ma l’impressione che Triple Frontier lascia è quella di mettere troppa carne al fuoco, e poi di non sapere come assemblarla. Equamente diviso nei suoi 125 minuti tra una prima ora di preparazione e tensione latente e un secondo atto di “fuga”, più d’azione e violento, il film di Chandor pare esplorare il conflitto che pervade il quintetto di protagonisti, attanagliati tra l’avidità e l’ambizione di un colpo miliardario e la vergogna morale di essere passati dall’altra parte, da poliziotti a criminali alle prese con la labilità del lato oscuro della legge. Mancano incisività e chiarezza di scrittura anche quando Triple Frontier prova ad affondare sui sensi di colpa dei cinque, insistendo nella cronaca cinica e quasi fatalista di un fallimento annunciato. Il punto, allora, può essere la riflessione – ovviamente al testosterone – sul cast all men, in una vicenda violenta e insieme malinconica che trova il suo contraltare nel segno di un’amicizia e di un cameratismo maschili, tra abbracci e rispetto reciproco, nonostante tutto. Ma i personaggi e l’analisi dei loro rapporti non sono così efficaci da lasciare il segno. (rt)

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