DUMBO

(Regia: Tim Burton, 2019, con Colin Farrell, Danny DeVito, Michael Keaton, Eva Green, Alan Arkin, Nico Parker)

DUMBO

Dopo qualche prova stanca e opaca Tim Burton recupera, almeno in parte, l’ispirazione perduta. Forse il merito è anche da attribuire alla presenza nel cast di due attori come Michael Keaton e Danny DeVito che in passato hanno preso parte ad alcuni dei suoi film più belli e riusciti come Beetlejuice, Batman Returns (dove comparivano entrambi) e Big Fish. Titoli che di fatto provengono da un’altra epoca, da un altro modo di fare cinema e probabilmente anche da un altro autore, dal momento che quel Tim Burton lì lo abbiamo perso per sempre. Sbagliato dunque, o se vogliamo utopico, aspettarsi e pretendere dal Burton odierno lo stesso cinema poetico, malinconico e visionario che è stato in grado di regalarci per almeno vent’anni. Nell’accostarsi all’adattamento live action di Dumbo, il classico della Disney uscito in America in piena Seconda Guerra Mondiale, Burton e lo sceneggiatore Ehren Kruger ampliano la storia, ma ne mantengono inalterato lo spirito di fondo, con l’aggiunta finale di un giusto e doveroso messaggio animalista. Ottima la resa in CGI dell’elefantino volante, alla cui tenerezza è davvero difficile resistere e che non faticherà a conquistare i cuori dei più piccoli, incantati dai suoi dolci occhioni e dalle sue enormi orecchie volanti. Vincente la scelta di affiancargli due bambini come coprotagonisti, in particolar modo la ragazzina interpretata da Nico Parker (la figlia di Thandie Newton), i cui lineamenti delicati si sposano alla perfezione con la poetica burtoniana e rimandano ad altre protagoniste femminili della sua filmografia. Buone le musiche di Danny Elfman, sodale della prima ora di Burton, con le sonorità fiabesche che rappresentano il suo riconoscibilissimo marchio di fabbrica. Più avventuroso e meno triste e malinconico rispetto al film animato del 1941, da cui riprende alla lettera alcune sequenze, risulta meno compatto, sovraccarico e ridondante nella parte finale, con una gestione dei tempi narrativi poco incisiva, troppo frettolosa e sbrigativa nel voler giungere il prima possibile all’agognato happy end. (bs)

voto_3