IL PROCESSO AI CHICAGO 7

(Regia: Aaron Sorkin, 2020, con Yahya Abdul-Mateen II, Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, Michael Keaton, Frank Langella, John Carroll Lynch, Eddie Redmayne, Mark Rylance)

IL PROCESSO AI CHICAGO 7

Dopo aver debuttato dietro la macchina da presa con Molly’s Game nel 2017, Aaron Sorkin firma la sua seconda regia con Il processo ai Chicago 7. Il film, giunto nelle nostre sale a inizio ottobre come evento speciale per poi approdare a metà mese su Netflix, è incentrato sul processo ai cosiddetti Chicago Seven, esponenti di punta di alcuni gruppi di attivisti contro la guerra del Vietnam accusati di aver cospirato tra loro per causare gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine avvenuti il 28 agosto 1968 a Chicago, in occasione delle proteste alla convention del Partito Democratico. Sorkin, riconosciuto come uno dei migliori sceneggiatori statunitensi in attività (suo il magnifico script di The Social Network di Fincher, eletto da Tarantino come il miglior film dell’ultimo decennio), firma e dirige un’opera di solido impegno civile imperniata su un processo, di fatto politico, fortemente  voluto – e manipolato – dalla nuova presidenza di Richard Nixon per infliggere il massimo della pena (dieci anni) agli studenti che in estate avevano guidato le manifestazioni di protesta a Chicago, affinché fossero un monito per tutti coloro che in America si ostinavano a manifestare contro una guerra folle, cruenta e ingiusta. Un processo alle idee (“Non sono mai stato sotto processo per i miei pensieri prima” dirà Abbie Hoffman, uno dei leader del movimento) condotto dal giovane viceprocuratore Richard Schulz, interpretato da un bravissimo Joseph Gordon-Levitt, riluttante e scettico nell’assumere l’incarico perché ben consapevole di guidare l’accusa contro la libertà di parola ed espressione. Sorkin, che ha ereditato il progetto da Steven Spielberg, dirige con piglio sicuro un cast stellare in stato di grazia composto da attori del calibro di Mark Rylance, Sacha Baron Cohen, Frank Langella e Michael Keaton, coinvolgendo e appassionando il pubblico con una messa in scena precisa e puntuale e con dialoghi continui e serrati, talvolta brillanti talaltra drammatici, a cui ci ha piacevolmente abituati nel corso degli anni. Un film importante, basato su una delle pagine più controverse e drammatiche della storia americana del secolo scorso, distribuito poche settimane prima dello svolgimento delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, alle prese con una situazione – politica, economica e sociale – esplosiva e incandescente, resa ancor più cupa e angosciosa dal dilagare della pandemia da Covid 19. (bs)

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