Due ragazze, una mora e una bionda, con lo stesso e identico nome, Maria, si trovano a riflettere su come va il mondo e sul significato dell’esistenza. Una volta giunte alla conclusione che il male, la perversione e la cattiveria imperversano ovunque, decidono di adeguarsi al mood circostante dedicandosi ad azioni trasgressive e a provocazioni eccentriche e stravaganti. Tra i risultati più sorprendenti e interessanti della Nova Vlna (la nouvelle vague cecoslovacca) della seconda metà degli anni ‘60, Le margheritine è un film totalmente libero e anarchico, folle e grottesco come i personaggi di cui è popolato, in cui l’esile trama è un mero e semplice pretesto per imbastire una serie ininterrotta di gag in puro stile slapstick che rimandano e omaggiano il cinema muto. Le due attrici protagoniste Jitka Cerhová e Ivana Karbanová, in splendida e dirompente sintonia tra loro, sono uno dei punti di forza del film. La prima ricorda vagamente una giovane, volitiva e birbante Sandra Mondaini, la seconda sembra una sorta di incrocio curioso tra Brigitte Bardot e Mia Goth. Due schegge impazzite felicemente dedite alla distruzione e votate all’autodistruzione, come traspare da un finale di cui probabilmente si ricorderà Danny DeVito una ventina d’anni dopo per il suo La guerra dei Roses. Uscito nel 1966 e inserito l’anno seguente nella top ten dei migliori film stilata dai Cahiers du Cinéma, Le margheritine fu bandito per anni in Cecoslovacchia per essere riabilitato solo nel 1975. Il film della regista e autrice Věra Chytilová, scomparsa nel 2014 a 85 anni, può essere considerato un manifesto femminista in chiave surreale e dadaista, oltreché un divertito sberleffo alla morale borghese e alle sue consuetudini. Le margheritine, opera fresca, spregiudicata e innovativa con un utilizzo sperimentale del suono e del colore, arriva nei nostri cinema in versione restaurata grazie alla Cineteca di Bologna. (bs)