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DIAMANTE NERO

DIAMANTE NERO

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Senza nessuna direzione, like diamonds in the sky.

Diamonds. La canzone di Rihanna è un inno generazionale per le teenager e le twenty-something. E anche se non lo è, può fare da surrogato, in un’adolescenza che scappa in fretta come il mondo senza riferimenti in cui Marieme, la protagonista di Bande de Filles (il titolo originale di Diamante Nero), si ritrova a crescere.

Crescere. Se il terzo film di Céline Sciamma (dopo Tomboy e Naissance des Pieuvres) ha un punto di convergenza – in un’opera (s)oggettivamente imperfetta, spezzettata in più tronconi, costruita più sulle forze centrifughe che sull’unità di discorso – di certo lo si trova nella problematizzazione del naturale atto di diventare grandi, tenendosi volutamente alla larga dai modelli, primi fra tutti quelli proposti dal cinema francese ormai classico, quello degli Antoine Doinel. Non si tratta di raccontare la fatica, il dolore e lo stupore di uno snodo, per Sciamma, ma di restituirne plasticamente la vaghezza, l’indeterminazione, la sensazione di smarrimento quasi totale: e non di una ragazza, e nemmeno di una generazione (il film è singolarmente a-sociologico), quanto del fantasma di un mondo che è un altrove (im)possibile. Inutile accanirsi sulle banlieue e sulle loro miserie. Qui c’è dell’altro. E sarebbe sbagliato anche concentrarsi sulle assenze, sulla carenza di guide parentali e morali (la scuola che rimane fuori campo, come nel colloquio tra Marieme e la dirigente scolastica; i genitori che non ci sono). Sono questioni che c’entrano, però sono meno decisive che altrove, cioè in tanti film che conformisticamente puntano il dito contro chi non sa dialogare, consigliare, accudire.

La storia di Marieme è un insieme di storie, in realtà. Come se si trattasse di altrettanti corto/mediometraggi, la regia esplora le diverse possibilità, avvalendosi non di vere e proprie ellissi narrative, ma di quelle che definiremmo ri-partenze, imboccando altre strade e proponendo differenti sviluppi, che possono sembrare forzati se si legge il film in un’unica soluzione narrativa. E invece è come se si trattasse di personaggi uguali e distinti alle prese con nuove prove iniziatiche e tentativi alternativi di capire la realtà, come si trattasse di un problema da risolvere o di un muro da abbattere e dietro il quale si spera di trovare la discesa agognata. Ma tutto invano, benché il finale lasci spazio alla speranza di una protagonista indomita. Non ci sono più percorsi tracciati, né vie d’uscita. Al massimo momenti di intensa consapevolezza di avere qualcosa in comune, come quelli sintetizzati dal ballo collettivo delle quattro ragazze. Like diamonds in the sky. Sì, ma prima e dopo? Soffermiamoci sul prima: una festa consumata in una stanza d’albergo, ognuna un po’ per conto suo, con gli onnipresenti smartphones a isolarle l’una dall’altra se possibile ancora di più. E il dopo: vittorie e sconfitte egualmente fallimentari. Marieme trova anche un amore, ma sa quello che non vuole prima di quello che vuole, e quella strada non la imbocca. Forse non si tratta di coraggio, solo di impraticabilità per lei di quel sentiero. A “fregarla” è una bussola interiore che non segna mai il nord, ma le preclude ogni altra direzione.

Opera tragica e priva di speranza, allora, Bande de Filles? Non si può dire, perché tutto è talmente fluido che Céline Sciamma lascia prevalere il sentimento del possibile. Ma che sia un film che cattura un’impasse e ha l’onestà di non rifugiarsi in nessun conforto, questo di certo.

voto_4

Denis Zordan
Il Matrimonio di Maria Braun di Fassbinder ha mutato un liceale snob e appassionato di letteratura in un cinefilo, diversi lustri fa. Da allora i film sono stati tanti e le folgorazioni moltissime: da Heat di Michael Mann (“Il” film) agli heroic bloodshed di John Woo, passando per valangate di pellicole orientali e la passione per il cinema di Fritz Lang, Jean-Pierre Melville, Alfred Hitchcock, Werner Herzog, oltre che per i thriller e gli horror. Ha scritto per Cinemalia, The Reign of Horror, CineRunner. “Il Bel Cinema”, di cui è il fondatore, ha l'ambizione di mettere un po' di ordine nella sua gargantuesca voracità: ma è probabile che finisca con l'acuirla ancora di più.