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FUOCOAMMARE

FUOCOAMMARE

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Il dramma dei migranti a Lampedusa.

Lampedusa è il punto d’arrivo dei drammatici viaggi della speranza compiuti dai migranti per fuggire dalle guerre dei propri paesi d’origine, dalla fame e dalla povertà. In molti perdono la vita prima di giungere sulla terraferma ed essere salvati dalle autorità. Nel mentre, si seguono le giornate del vivace ragazzino Samuele (Samuele Pucillo) e di altri abitanti dell’isola siciliana.

Dopo la vittoria del Leone d’Oro a Venezia nel 2013 con Sacro GRA, Gianfranco Rosi torna alla regia con Fuocoammare, presentato nei giorni scorsi in concorso al 66° Festival di Berlino. Si potrebbe capire abbastanza della nuova opera firmata Rosi solo partendo dal suggestivo e particolare titolo. Fuocoammare, termine dal dialetto siciliano traducibile molto semplicemente con fuoco in mare, con riferimento agli scontri navali avvenuti durante la Seconda guerra mondiale, richiama due elementi tra loro lontanissimi. La violenza del fuoco contro la pacatezza dell’acqua, l’irruenza distruttrice del primo contro la purezza della seconda. Due anime di una stessa cosa, anche se per la materia trattata da Fuocoammare sono proprio l’acqua e il mare la minaccia di morte principale.

Il film di Rosi procede quasi come il suo titolo ossimorico consiglia, cioè portando avanti due anime ben distinte, ma complementari. Da una parte il dramma dei migranti che sbarcano a Lampedusa, spesso portandosi dietro dolori e sofferenze ben poco immaginabili e per i quali il tanto sospirato arrivo nell’isola non è che una tappa di un percorso ancora pieno di ostacoli. Poi in Fuocoammare c’è un lato che si potrebbe definire leggero, in cui Rosi mostra la quotidianità dei lampedusani, legati direttamente più (come il medico a capo del presidio sanitario) o meno (come il DJ radiofonico locale) alla problematica degli sbarchi. Occhio e guida di questo viaggio nel microcosmo di Lampedusa è Samuele, ragazzo di 10 anni alle prese con i piccoli problemi e l’innocenza della sua età. Rosi oscilla con questo tono un po’ vago, evidentemente vuole offrire un suo sguardo sulla questione Lampedusa, ma è altrettanto interessato alle avventure fantasiose di un bambino.

Il problema forse è che Fuocoammare non fa la figura dell’opera neutrale e distaccata, il che non sarebbe un male: l’impressione è che Rosi butti il sasso ma nasconda la mano, troppo indeciso se mostrare direttamente la tragedia delle migrazioni o oltrepassarla totalmente, restando in un limbo narrativo e di stile alle volte eccessivamente estetizzante e nel quale non si comprende appieno dove voglia andare Fuocoammare. Se è vero che l’intento di toccare una materia così attuale e delicata con la giusta distanza è nobile, è altrettanto vero che Rosi pare impossibilitato a trovare la corretta rappresentazione cinematografica, e probabilmente anche etica, di quello che sta narrando.

Perché comunque Rosi non nasconde lo sguardo, ma non trovando modo di filtrarlo a dovere non può che usare quello “puro”, che in questo caso diventa tv del dolore da sbattere addosso allo spettatore, ai limiti tra il retorico e il ricattatorio, documento fine a sé stesso che certamente fa vedere nel senso più letterale possibile, ma che è incerto su come osservare.

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Riccardo Tanco
Riccardo Tanco, classe 1993, Nasce a Bollate e vive a Novate Milanese. Diplomato al liceo linguistico nel 2012 comincia ad appassionarsi seriamente al cinema dopo una mistica visione di Pulp Fiction anche se consapevole che il cinema non è iniziato nel 1994. Ora da autodidatta e aspirante cinefilo cerca di scoprire i grandi autori del passato e i registi contemporanei sforzandosi di scriverne in maniera degna. Se glielo chiedono il suo film preferito è Apocalypse Now e ha come sogno nel cassetto fidanzarsi con l'attrice Jessica Chastain. Collabora con i siti Filmedvd, I-Filmsonline, SilenzioinSala e IntoTheMovie.