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IL PATTO DEL SILENZIO – PLAYGROUND

IL PATTO DEL SILENZIO – PLAYGROUND

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La piaga del bullismo in un film ad altezza bambino.

In questo film, dove la macchina da presa rimane sempre e costantemente ad altezza bambino, si arriva ai titoli di coda piuttosto spossati e con un vago e indefinito senso di colpa e d’inquietudine. Gli adulti in Playground fanno parte di un altro mondo, li sentiamo parlare ma sono tagliati fuori dall’inquadratura per sottolineare la loro incapacità di comprendere e decifrare i comportamenti e le dinamiche che si instaurano tra i bambini durante la ricreazione nel cortile della scuola. Il film è tutto sulle spalle della piccola Nora, interpretata da Maya Vanderbeque, una stupefacente bambina-attrice esordiente. La macchina da presa è sempre incollata su di lei, riprende ogni suo gesto, sguardo e stato d’animo, la sua paura e apprensione per Abel, il fratello maggiore bullizzato e deriso a scuola, che a poco a poco si tramuta in rabbia nei suoi confronti, quando a sua volta viene emarginata dalle compagne di classe. Nora all’inizio prova a reagire, a chiedere aiuto ai grandi, alle insegnanti e al padre, ma ben presto si rende conto che non serve a niente, se non a peggiorare le cose.

Nel film dell’esordiente Laura Wandel vediamo solo la vita nel contesto scolastico di questi bambini, con giornate che si susseguono una dopo l’altra, senza tregua e senza stacchi. Una scelta mirata a calare lo spettatore all’interno di queste dinamiche per fargli comprendere il senso di paura e angoscia che attanaglia ogni mattina i piccoli protagonisti appena varcano il cancello della scuola. Un ambiente che dovrebbe accoglierli, educarli e insegnare loro a socializzare, si trasforma in un posto da incubo allo scoccare della ricreazione, col cortile, la mensa e i bagni trasformati in luoghi ostili dove, lontano dagli sguardi degli adulti, può accadere di tutto. Il bullismo è una piaga sempre più diffusa e difficile da estirpare nella nostra società. Chi lo subisce si sente perso e senza una via d’uscita, talvolta ne può venir fuori incattivito e violento, come accade nel film, passando dalla parte del gruppo dei vigliacchi e prepotenti per accanirsi su un altro coetaneo e allontanare da sé quelle spiacevoli “attenzioni”. Il bullismo produce effetti mostruosi e deleteri che gli adulti il più delle volte non sanno arginare o correggere e che spesso derivano proprio dai cattivi esempi che i bambini e ragazzi assimilano, senza neanche saperlo o volerlo, in famiglia, all’interno delle mura domestiche.

È la mancanza d’amore e d’empatia che porta a certi comportamenti e atteggiamenti di sopraffazione. Lo splendido, intenso e commovente finale di Playground, film che rinuncia completamente alla musica di accompagnamento per evitare di enfatizzare o spettacolarizzare la piccola storia che mette in scena, ci mostra che per contrastare la violenza insensata servono proprio sensibilità e amore: un abbraccio può essere più forte e dirompente di mille crudeltà.

voto_4

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.