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LE BUONE STELLE – BROKER

LE BUONE STELLE – BROKER

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Le domande del cinema di Kore-eda.

Benché da ormai un decennio i suoi film siano regolarmente distribuiti in sala in Italia, Kore-eda Hirokazu sembra cominciare a cadere sotto più di un distinguo da parte della critica. Forse anche per effetto della progressiva internazionalizzazione del suo cinema che, con questo Broker, lo vede al secondo film consecutivo dopo Le verità (2019) girato fuori dal natio Giappone.

Internazionalizzazione che, tuttavia, non sembra scalfire l’inossidabilità e la coerenza dei temi del cineasta: anche quando, come nel caso di Broker, si trova ad avere nel cast contemporaneamente un attore di lungo corso e grande fama (fuori dalla Corea del Sud soprattutto grazie a Bong Joon-ho e all’acclamazione cannense e hollywoodiana di Parasite) come Song Kang-ho e una stellina del k-pop come IU (al secolo Lee Ji-eun). Un cast di questo livello, che comprende anche Bae Doo-na nella parte della tenace poliziotta e fa il paio con quello del lavoro girato in Francia, poteva annacquare la sua ispirazione: e invece no perché evidentemente sono gli attori che si prestano a lavorare con lui più che il contrario.

Nel caso di Broker, inoltre, il fenomeno delle baby box coreane, quelle che fin dal Medioevo sono note in Europa come ruote degli esposti ed erano destinate ad accogliere i neonati (gli esposti, appunto) abbandonati dai genitori, è il la per un film che si tiene prudentemente distaccato tanto dal sensazionalismo del tema d’attualità che dal potenziale lacrimogeno delle vicende di tutti i personaggi coinvolti.

L’amalgama, l’identità e la compiutezza appaiono come qualcosa che i film di Kore-eda trovano via via, strada facendo, a costo di suonare in prima battuta fin troppo placidi e persino remissivi nello sguardo. Il tocco di Kore-eda sta soprattutto nell’evitare l’intrusione nell’intimo dei personaggi, lasciando che si rivelino con una trama che non appare preordinata: con ciò stando lontano anche da quella patina di troppo detto che gettava una piccola ombra su Le Verità.

Broker non è sicuramente un esito paragonabile a quello maiuscolo di film come Still Walking o I Wish (sostanzialmente inediti per il pubblico italiano, benché il secondo stia stato a lungo disponibile su Fareastream). Eppure è difficile, una volta che si sia dato il tempo che trova a una critica ideologica del film, non rimanere affascinati e conquistati dai tesori psicologici che esso contiene, dalla naturalezza con cui i personaggi evolvono in modi per lo più imprevisti ma mantenendo una loro credibilità: e se per qualcuno di loro c’è un tratto buonista, questa è pur sempre una possibilità che ha un fondamento nella libertà dell’impianto narrativo. E sequenze come quella della ruota panoramica fermano per un momento il respiro e danno l’idea di un autore che rimane ancora innamorato delle domande che il cinema può rivolgere allo spettatore, non delle risposte sempre parziali che offre.

voto_4

Denis Zordan
Il Matrimonio di Maria Braun di Fassbinder ha mutato un liceale snob e appassionato di letteratura in un cinefilo, diversi lustri fa. Da allora i film sono stati tanti e le folgorazioni moltissime: da Heat di Michael Mann (“Il” film) agli heroic bloodshed di John Woo, passando per valangate di pellicole orientali e la passione per il cinema di Fritz Lang, Jean-Pierre Melville, Alfred Hitchcock, Werner Herzog, oltre che per i thriller e gli horror. Ha scritto per Cinemalia, The Reign of Horror, CineRunner. “Il Bel Cinema”, di cui è il fondatore, ha l'ambizione di mettere un po' di ordine nella sua gargantuesca voracità: ma è probabile che finisca con l'acuirla ancora di più.