Sign In

Lost Password

Sign In

Safe neighborhood foto3

Una delle sorprese “horror” dell’anno.

E’ la vigilia di Natale, e la giovane e bella Ashley (Olivia DeJonge), in procinto di trasferirsi a vivere in un’altra città, si appresta a passare la serata facendo da babysitter al piccolo Luke (Levi Miller), rampollo di una famiglia “bene” del luogo. Ma Luke, perdutamente innamorato della ragazza, vorrebbe sfruttare la serata per conquistarla, con a disposizione solo poche ore prima che lei parta. Grazie ai consigli e all’aiuto dell’amico nerd Garrett (Ed Oxenbould) ha in mente un piano ben preciso per far cedere Ashley alle sue avance: un film horror in televisione, qualche sorso di champagne, la tanto agognata dichiarazione d’amore. Ma nulla va per il verso giusto, perché qualcuno dall’esterno sta osservando i movimenti dei ragazzi dentro la casa, ma se prima tenta di spaventarli con delle telefonate anonime, poi passa direttamente all’attacco, invadendo l’abitazione armato sino ai denti: ai ragazzi non resta che nascondersi sperando che i genitori di Luke (Patrick Warburton e Virginia Madsen) tornino in fretta dalla loro cena. E non sanno che anche l’ex fidanzato di Ashley, Ricky, si sta recando sul posto per farle una sorpresa, scombussolando i piani dei violenti invasori. Ma questa è solo la prima di una incredibile serie di sorprese.
Arriva dall’Australia, con la seconda prova nel lungometraggio del regista Chris Peckover, la sorpresa “horror” dell’anno. Su un classico canovaccio da home invasion, il regista innesta robuste dosi di ironia e si diverte a sovvertire le regole di genere disattendendo in continuazione le aspettative dello spettatore. Svelare ulteriori dettagli della brillante sceneggiatura di Zack Kahn (e dello stesso regista) sarebbe infatti un peccato ben al di là dell’occasionale spoiler in cui incorrono molte recensioni. Il meccanismo di sorprese e colpi di scena a ripetizione rilancia continuamente l’azione e movimenta una struttura di genere (ormai abusatissima) che rischierebbe altrimenti di impantanarsi già dopo le prime sequenze. Ma consente anche al film, con la sua escalation di violenze (senza risparmiarsi nello spargimento di emoglobina), follia e cattiverie, di trasformarsi in una scatenata black comedy che prende di mira non solo (com’era scontato) il consumismo e il moralismo benpensante delle festività natalizie, ma anche un’intera giovane generazione, abbandonata dai loro mostruosi genitori (a questo proposito, perfetto l’uso della “liftatissima” e invecchiata Madsen) che si prendono cura dei propri figli a suon di pasticche e sonniferi, e quindi apparentemente sprovvista di qualsiasi demarcazione sociale tra giusto e sbagliato. Questo gioco tuttavia, per quanto sadico, cinico e trascinato alle sue estreme conseguenze, non eccede mai in paternalismi saccenti ed evita per fortuna il citazionismo sguaiato e un po’ futile a cui ci ha abituato l’horror occidentale da Scream in giù, si diverte anzi a capovolgere e a ridacchiare dell’immagine dell’infanzia ingenua a cui la cultura popolare ci ha abituato negli ultimi anni (dai ragazzini di Stranger Things alle trappole dolorosissime ideate dal pestifero protagonista di Mamma ho perso l’aereo). Sì, perché in Safe Neighborhood, dove lo sberleffo si protrae ben oltre i titoli di coda (occhio alla sequenza post-credits che si burla perfino del trend odierno del sequel infinito), si scherza fino a un certo punto, ma poi si muore davvero e il sorriso lascia spazio alla riflessione, non banale, sulla deriva morale di un desiderio elementare come l’amore. Unità di tempo e di luogo con perfetto uso degli spazi, ritmo indiavolato e bravura sbalorditiva dei giovani protagonisti (DeJonge e Oxenbould avevano già fatto coppia in un altro horror, The Visit), in ogni modo, ne fanno un film di genere che soddisferà anche i palati più esigenti, elevandolo con gli anni a venire, probabilmente, al rango di vero e proprio cult.

voto_4

Alex Poltronieri
Nasce a Ferrara, vive a Ferrara (e molto probabilmente morirà a Ferrara). Si laurea al Dams di Bologna in "Storia e critica del cinema" nel 2011. Folgorato in giovane età da decine di orripilanti film horror, inizia poi ad appassionarsi anche al cinema "serio", ritenendosi oggi un buon conoscitore del cinema americano classico e moderno. Tra i suoi miti, in ordine sparso: Sydney Pollack, John Cassavetes, François Truffaut, Clint Eastwood, Michael Mann, Fritz Lang, Sam Raimi, Peter Bogdanovich, Billy Wilder, Akira Kurosawa, Dino Risi, Howard Hawks e tanti altri. Oltre a “Il Bel Cinema” collabora con la webzine "Ondacinema" e con le riviste "Cin&media" e "Orfeo Magazine". Nel 2009 si classifica terzo al concorso "Alberto Farassino - Scrivere di cinema".