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Tolo-Tolo-

Da Checco Zalone a Luca Medici.

Maccio Capatonda, capace e probabilmente sottovalutato regista/attore di quella “nuova” commedia italiana che vuole farsi grottesco, decide di lasciare il suo nom de plume nei crediti dei suoi film sia sotto la voce interprete che quella di regista, senza nessuna distinzione fra l’uno e l’altro.

Sanno tutti che Checco Zalone ha sfornato il suo poker d’assi (Cado Dalle Nubi, Che Bella Giornata, Sole a Catinelle, Quo Vado?) aiutato dalla fragile regia di Gennaro Nunziante, funzionale a quanto volevano raccontare quei film, ma soprattutto alle modalità con cui avevano deciso di farlo.

All’alba del nuovo decennio il buon Checco decide un colpo di coda: incrina il fortunato sodalizio con Nunziante (che ricordiamolo, al suo attivo ha in aggiunta solo quell’incomprensibile spreco di soldi che è stato Il Vegetale) e decide di dirigersi da solo, chiedendo una mano d’aiuto non proprio al primo che passava, Paolo Virzì. E in queste circostanze, a visione del risultato avvenuta, è il caso di riflettere sul fatto che in regia figura Luca Medici, mentre nel cast Checco Zalone.

Se poi si ride di meno non è certo un problema, magari si ride diversamente: si augura al regista che sia il segnale di un lungo e meraviglioso viaggio verso la maturità, certo è che la mano di Virzì – che non sceneggiava un film non diretto o prodotto da lui dal 2002 – si nota, e non poteva essere altrimenti, perchè Tolo Tolo è un film che finalmente si libera dalle catene dell’one man show, abbandona la struttura di una gag dopo l’altra e tenta la strada del racconto on the road che si sviluppa pian piano. Insomma, dal canto suo il regista di Ovosodo non fa altro che dare struttura, spessore e intensità alla carica istintiva di Zalone; che, come si diceva in apertura, scinde regista e attore per far trovare al personaggio Checco una sua collocazione e giustificazione narrativa compiuta: nei suoi film precedenti, Zalone è sempre stato in fondo una sorta di immigrato, di viaggiatore cinico e sfrontato. Con Tolo Tolo non fa altro che aggiustare il tiro e diventare realmente un immigrato, con tutto quello che ne consegue: il personaggio diventa allora il granello di sabbia che blocca gli ingranaggi istituzionali, sorta di folle virato in negativo ma predestinato al sorriso, una specie di giullare postmoderno che dalla sua posizione super-partes prende in giro il potere e non solo, irride destra e sinistra, buonisti e cinici, come solo un vero outsider riesce a fare.

Con in più la furbizia fina del venditore: con il trailer-video Immigrato sembra accarezzare la destra, con il film si avvicina a sinistra e demolisce ogni certezza. Perché nel cinema di oggi, pur nella sua pochezza interpretativa e nella sua basicità strutturale, Checco Zalone (anzi, Luca Medici) è uno dei pochi soggetti realmente sovversivi che non (si) frena davanti a niente, e con la sua innocenza naif castigat ridendo mores nel modo più duro e sfacciato. Che poi, se basico lo è ontologicamente, Medici sa essere raffinato nel sottotesto, perchè la scelta dei brani musicali dell’Italia che fu non è solo vezzo autoriale o vicinanza al proprio gusto melodico, ma comunanza d’intenti con le storie che racconta: se alcuni giochetti basati sul controsenso che sfocia nel nonsense sanno a tratti di già visto, le intuizioni dell’autore sono esplosive (una su tutte: il razzismo come malattia comune, con le voci mussoliniane nella testa), e ogni luogo comune viene scardinato con potenza inaudita, che sia una canzone, un riferimento filmico o un comportamento da italiano.

Che, chiudendo il cerchio, non è certo medio come quello di Capatonda: ma piccolo e cattivo, eppure non lontano, troppo vicino.

p.s.: non si è volutamente fatto alcun cenno alle diatribe politiche o sociale circa porti e ponti. Una risata li/vi seppellirà.

voto_4

 

Gianlorenzo Franzì
Figlio della Calabria e di Lamezia Terme, è critico onnivoro e militante, preferisce il rumore del mare e il triangolo Allen-Argento-Verdone. Vive e si nutre di cinema che infiamma: si commuove con Lynch e Polanski, Nolan e Cronenberg, pugni in tasca e palombelle rosse, cari diari e viali del tramonto, ma è stato uno dei primi critici ad accorgersi (e a scrivere) in maniera teorica delle serie tv e della loro inesorabile conquista del grande schermo. Incredibile trovi il tempo di fare anche l’avvocato: perché dal 2007 è direttore artistico della Mostra del Cinema di Lamezia Terme - LFF da lui creata, dal 2004 ha un magazine tv (BUIOINSALA, ora in onda dalle sale del circuito THESPACE) e uno in radio (IL GUSTO DEL CINEMA), scrive o ha scritto su Nocturno Cinema, Rivista Del Cinematografo, Teatro Contemporaneo e Cinema, Weird Movies, ha pubblicato due saggi (uno su VOCI NOTTURNE, uno su Carlo Verdone). Ha una good wife ma si è perso nei labirinti di LOST: ancora non si è (ri)trovato.