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Lo sguardo morale del cinema di Stéphane Brizé.

Con Un autre monde Stéphane Brizé porta a compimento la sua trilogia sul mondo del lavoro iniziata nel 2015 con La legge del mercato e proseguita tre anni più tardi con In guerra. Per farlo si affida nuovamente a Vincent Lindon, uno degli interpreti più importanti e straordinari del cinema francese, e a Olivier Gorce con cui ha scritto e firmato i soggetti e le sceneggiature di tutti e tre i film.

Dopo aver interpretato un sindacalista in lotta contro l’azienda che ha deciso di chiudere lo stabilimento per cui lavora nel film In guerra, stavolta Lindon si trova a impersonare un uomo dall’altra parte della barricata. Philippe Lemesle è un manager, un direttore di uno degli stabilimenti francesi di una multinazionale americana che ha deciso di attuare un piano di licenziamenti per tagliare il 10% della forza lavoro. Philippe è in una fase delicata della sua vita privata – alle prese con un doloroso divorzio dalla moglie con cui ha avuto due figli – e professionale a causa delle intenzioni della multinazionale decisa in tutti i modi a operare questi tagli. Philippe, da dirigente capace e da essere umano che ha a cuore le persone che lavorano per lui, prova a contrastare i disegni della multinazionale proponendo un piano alternativo di abbattimento dei costi in cui, tre le altre cose, viene inserito il taglio dei bonus e dei premi di produzione per i manager. Intanto il figlio minore viene ricoverato in clinica in seguito a un esaurimento nervoso che lo ha colpito durante una lezione a scuola.

Non c’è nessuno al giorno d’oggi capace di filmare e imprimere la stessa tensione e intensità alle trattative legate al mondo del lavoro come fa Stéphane Brizé, uno dei pochissimi autori in grado di affrontare queste tematiche in modo lucido e consapevole, con uno sguardo morale. Un autre monde è un’opera dolente e accorata sulla nostra contemporaneità, improntata a un bieco, cinico, subdolo e spietato capitalismo che prevede tagli e abbattimento dei costi per “ridurre il grasso”, ovvero la forza lavoro come la definisce il presidente della multinazionale americana collegato in riunione da remoto con i dirigenti francesi, affermando che anche lui deve rendere conto a un capo, ossia a Wall Street. Brizé, attraverso il suo protagonista, un manager che rifiuta di tagliare teste in nome dell’ossessione per il profitto esasperato, afferma che bisogna schierarsi e prendere una posizione, cercando di essere coerenti con se stessi e coi propri principi etici e morali, sempre più calpestati nell’era della globalizzazione selvaggia. Scegliere di non prestarsi a queste logiche aberranti e imperanti può comportare un prezzo altissimo da pagare, ma al contempo ci determina e definisce come individui e come esseri umani. Già, proprio quell’umanità da sempre esclusa e assente nelle logiche e nelle strategie delle multinazionali e dei colossi industriali.

Non ci sono scene madri nell’ultimo film di Brizé, a differenza di In guerra, dove i toni erano più accesi e ancor più drammatici fino ad arrivare al tragico e scioccante epilogo. Si respira un’aria mesta e afflitta, quasi arresa, se non fosse per la caparbietà con cui il protagonista prova a salvare e a tutelare i posti di lavoro dei “suoi” dipendenti e a recuperare i pezzi di una vita privata andata in frantumi anche a causa del suo totale e incondizionato assorbimento per un lavoro svolto con competenza e passione. Sono diverse le scene destinate a rimanere nella memoria: oltre alle trattative convulse e serrate dove si decide il destino dei lavoratori è doveroso menzionare quella in cui i due ex coniugi si ritrovano a mostrare a una coppia la casa di famiglia messa in vendita dopo la separazione. Nei loro volti, nelle espressioni, nelle poche parole sussurrate con un filo di voce si percepisce tutto il dolore, l’imbarazzo e lo smarrimento per la situazione complessa e difficile che si trovano a vivere e affrontare.

Vincent Lindon dà una prova ulteriore della sua incommensurabile bravura e della sua capacità, davvero sbalorditiva, d’imprimere e infondere un’umanità e un’autenticità fuori dal comune ai personaggi che interpreta. Qui lo affianca una brava e intensa Sandrine Kiberlain, sua ex moglie anche nella vita reale, che ha da poco fatto il suo felice e riuscito esordio alla regia con Une jeune fille qui va bien, presentato in concorso a fine novembre alla trentanovesima edizione del Torino Film Festival dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura. Ad impersonare il figlio troviamo Anthony Bajon, astro nascente del cinema francese presente anche nel film d’esordio della Kiberlain e nel recente Allons enfants di Giovanni Aloi e Andrea Barone.

Dopo il passaggio a Venezia Un autre monde è stato mostrato in anteprima il 9 dicembre al pubblico del cinema Stensen di Firenze in una serata a ingresso gratuito in occasione della Notte del Cinema Europeo alla presenza di Stefano Jacono, il fondatore della Movies Inspired che lo distribuirà in sala probabilmente a fine febbraio 2022, e di una rappresentanza dei lavoratori della GKN di Campi Bisenzio, licenziati via email dalla multinazionale a inizio luglio, che hanno portato una preziosa e diretta testimonianza sulla loro vicenda, per certi aspetti vicina e analoga a quella descritta nel film.

voto_5

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.