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Il ventiquattresimo film della saga di 007.

Da Città del Messico fino a Roma, James Bond (Daniel Craig) si mette sulle tracce di una pericolosa organizzazione criminale che architetta piani terroristici su scala globale e del suo capo, il misterioso Franz Hoberhauser (Christoph Waltz), oscura figura con un legame nel passato dell’agente 007.

A distanza di tre anni dal successo di Skyfall, considerato da molti come il miglior episodio della saga bondiana, l’agente segreto più celebre del grande schermo torna con Spectre, 24° film della serie, ancora diretto da Sam Mendes e con Daniel Craig per la quarta volta nei panni dell’agente 007.

Se Skyfall raccontava la caduta e la rinascita del personaggio di Bond e del suo immaginario cinematografico, aggirando il citazionismo e sfruttandolo per una narrazione che letteralmente ripartiva dalle origini, Spectre appare fin da subito come un netto passo indietro, forse preventivabile nei risultati, ma deludente nelle intenzioni. La serie creata dai romanzi di Ian Fleming si riconferma in ogni caso direttrice dell’incerta geografia politica del nuovo millennio, dove il Male non è più identificabile con una nazione o in un solo nemico, ma è presente in più luoghi. Già a partire dall’incipit, girato con un notevole piano sequenza in Messico, per poi svolgere l’azione a Roma, in Austria, a Tangeri, per chiudere il cerchio tra le mura domestiche inglesi.

Ed anche il Bond di Craig prosegue quella strada di reinterpretazione iniziata con Casino Royale, nella quale l’agente dell’MI6 ha un lato debole e crepuscolare ed è consapevole dei propri limiti, pur ovviamente conservando il fascino inalterato del Mito.

Eppure in Spectre pare mancare un’urgenza di sguardo proprio sul mondo e sul personaggio, annullando quella freschezza e novità narrativa che avevano reso apprezzabili i nuovi Bond anche ai più puristi tra i fan. Perché d’accordo che James è sempre James pur non essendo più (e meno male) quello dei Connery e dei Moore, va bene la riflessione un po’ tirata sul terrorismo mondiale e sui suoi mille volti, ma Spectre procede col pilota automatico, faticando a dar peso specifico alle pieghe più interessanti di una sceneggiatura in ogni caso parecchio claudicante.

E lo stratagemma più semplice per fronteggiare la mancanza di idee e il fiato corto dell’opera è allora rifugiarsi nell’ammiccamento e nel citazionismo fine a se stesso, aspetto che in Skyfall invece era miracolosamente inserito nei perché della trama e nelle evoluzioni dei caratteri. Alla fine Spectre fa la figura di un film che ben poco sa rinnovarsi, nonostante un finale che prova a ribaltare uno degli archetipi bondiani, e preferisce girare a vuoto e nascondersi nel già conosciuto.

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Riccardo Tanco
Riccardo Tanco, classe 1993, Nasce a Bollate e vive a Novate Milanese. Diplomato al liceo linguistico nel 2012 comincia ad appassionarsi seriamente al cinema dopo una mistica visione di Pulp Fiction anche se consapevole che il cinema non è iniziato nel 1994. Ora da autodidatta e aspirante cinefilo cerca di scoprire i grandi autori del passato e i registi contemporanei sforzandosi di scriverne in maniera degna. Se glielo chiedono il suo film preferito è Apocalypse Now e ha come sogno nel cassetto fidanzarsi con l'attrice Jessica Chastain. Collabora con i siti Filmedvd, I-Filmsonline, SilenzioinSala e IntoTheMovie.