MAN IN THE DARK

(Regia: Fede Alvarez, 2016, con Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Lovatto, Stephen Lang)

MAN IN THE DARK

Un terzetto di giovani ladri si infiltra nella casa di un anziano reduce di guerra, per di più non vedente, alla ricerca di un enorme bottino nascosto all’interno. Non sanno però che il proprietario, benché cieco, è perfettamente in grado di difendersi, non si tira indietro davanti all’omicidio, e in cantina cela un impensabile segreto. L’horror mainstream contemporaneo non ce fa davvero ad essere cattivo sino in fondo. Così, del trio di ladruncoli, la sceneggiatura se ne inventa uno che non vorrebbe fare il colpo e un altro, la protagonista (Jane Levy), che vuole sì rubare il denaro, ma solo per scappare, assieme alla sorellina innocente, da una realtà e una famiglia opprimenti. I tempi de La casa nera di Craven sono insomma lontani, nonostante ciò il film di Fede Alvarez (prodotto dal sodale Sam Raimi, come il precedente remake de La casa) è un home invasion al contrario non senza qualche merito: sa costruire una tesissima e claustrofobica atmosfera con pochi elementi, sa sfruttare l’oscurità e il silenzio con più ingegnosità di prodotti similari recenti (Lights Out e Hush), non si perde in chiacchiere arrivando tosto al cuore della vicenda, sa ribaltare, non senza ironia, molti cliché del genere, come il rapporto tra vittima e predatore. Al netto di un terzo atto in cui lo script sbanda clamorosamente inventandosi un twist abbastanza risibile e implausibile. Dopo It Follows ancora una volta la Detroit contemporanea, spettrale e devastata dalla crisi economica, si presta a cornice ideale per gli orrori che avvengono nell’apparente sicurezza di una casa di provincia. Negli Usa grande successo di pubblico, a fronte di soli dieci milioni di budget: e il finale, profeticamente, minaccia un sequel. (ap)

voto_3