PASSENGERS

(Regia: Morten Tyldum, 2016, con Jennifer Lawrence, Chris Pratt, Michael Sheen, Laurence Fishburne, Andy Garcia)

PASSENGERS

La gigantesca astronave Avalon, cinquemila passeggeri dormienti all’interno, è in viaggio verso un lontano pianeta da colonizzare. A causa di un’anomalia, una delle capsule di ibernazione si disattiva, e l’operaio Jim Preston (Pratt, bravo) si sveglia con novant’anni d’anticipo. Impossibilitato a comunicare con la Terra, Jim si arrangia per sopravvivere, poi la solitudine inizia ad avere la meglio. Ma quando Jim risveglia la bella e idealista scrittrice Aurora Lane (Lawrence), innamorandosene, non riuscirà a rivelarle che è stato lui a strapparla al sonno condannandola a passare il resto della vita a bordo della Avalon. Il film del norvegese Tyldum, scritto (maluccio) da Jon Spaihts (Doctor Strange, Prometheus), ambirebbe ad essere molte cose, accarezzando atmosfere da survival alla The Martian, ma poggiando anche su riflessioni da fantascienza filosofica e su un romanticismo esasperato e retrò. Sulla carta potrebbe funzionare, ma nella pratica i registri faticano ad incastrarsi e le ambizioni sfumano in uno spettacolone accattivante e professionale (belle le musiche di Thomas Newman e la fotografia di Rodrigo Prieto), ma tutto sommato inconsistente. Le piacevoli reminiscenze (il barista-androide interpretato da Michael Sheen, che arriva da Shining, come il robot esplorativo che richiama Wall-e o il finale “ecologico” che rimanda a 2002: La seconda odissea) si scontrano con troppe semplificazioni (la funzione “resuscita” nella cabina medica, parliamone…) e un sottotesto etico su quel che è lecito fare in situazioni disperate che avrebbe dovuto essere trattato con più sfumature. Chi cerca un passatempo durante le feste magari sarà accontentato, ma il pubblico americano ha detto no. (ap)

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