SPLIT
(Regia: M. Night Shyamalan, 2016, con James McAvoy, Anya Taylor-Joy, Betty Buckley, Haley Lu Richardson)

Kevin è un uomo con 23 personalità e una ventiquattresima, la più oscura e minacciosa, che cerca da tempo di assumere il controllo delle altre. Un giorno nel parcheggio di un centro commerciale narcotizza e rapisce tre adolescenti. Le ragazze, rinchiuse in uno scantinato, verranno a conoscenza delle personalità racchiuse nella mente di Kevin. Ispirandosi al caso di Billy Milligan, che a fine anni ’70 sconvolse l’opinione pubblica americana rapendo e violentando tre studentesse per poi essere assolto per infermità mentale, Shyamalan scrive e dirige un thriller che abbraccia altri generi. Un’opera oscura e suggestiva che s’insinua nei meandri della psiche, a partire dai titoli di testa splittati che rimandano al disturbo di cui è affetto il protagonista interpretato da un sorprendente McAvoy. Impossibile non pensare a titoli come Psycho o Vestito per uccidere e Doppia Personalità, sebbene il regista sembri guardare altrove, al suo universo filmico, strettamente interconnesso, come dimostra l’immancabile twist finale. Dopo una prima parte ben strutturata, nella seconda non convincono alcuni snodi, soprattutto per quanto concerne l’atteggiamento della dottoressa Fletcher che ha in cura Kevin. Pur sovraccarico, Split dimostra la vitalità di un autore che sembra ritrovato, soprattutto grazie al produttore Jason Blum che lo ha rilanciato con The Visit, riportandolo su territori che si addicono alla sua vocazione artistica. Come già accaduto in passato Shyamalan, che qui si avvale dell’ottima fotografia di Mike Gioulakis (It Follows), compare in un piccolo ruolo. Menzione d’obbligo per Anya Taylor-Joy, efficace e intensa nei panni della dolente e combattiva Casey, a tutti gli effetti coprotagonista del film, già vista e ammirata in The Witch. (bs)
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