FORTUNATA

(Regia: Sergio Castellitto, 2017, con Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, Alessandro Borghi, Edoardo Pesce, Nicole Centanni, Hanna Schygulla)

FORTUNATA

Ci sono film che ti mettono in difficoltà se solo provi ad abbozzare un pensiero critico: Fortunata è fra questi. La ditta Mazzantini-Castellitto adesso non passa più dalla libreria, va direttamente in sala: nessun libro della moglie, il marito si affida stavolta ad una di lei sceneggiatura originale e mette in scena il dramma di una Mamma Roma postmoderna. Il risultato è così abborracciato, così perfettamente delineato che non si riesce a vedere altro che ciò che appare: nessun sottotraccia, nessun senso nascosto o inconscio, solo messa in scena. Che di per sé non sarebbe un male, se non fosse per l’esito così modesto. Il paragone con Mamma Roma è ingeneroso, ma così evidente da non poter essere ignorato: allo stesso modo l’interno e l’esterno di ogni personaggio coincidono in maniera così didascalica da non offrire pretesti di approfondimento. C’è la protagonista che gioca con il suo nomen omen, sfortunata e rassegnata, il medico buono che s’innamora ma poi prende coscienza dello stato sociale, l’ex marito violento e l’amico bipolare ma buono: nessun margine di errore, per un film che parte benissimo (e viene da pensare che Castellitto finalmente ha deciso di giocare in sottrazione), ma che non mantiene quello che promette. Perché dalla (ormai celebre) corsa di Accorsi sul Lungotevere in poi, è tutto un florilegio di urla e strepiti, di esternazioni ed emozioni ostentate. Ad un certo punto, viene da credere che se il regista prendesse coscienza del kitsch potrebbe vincere giocando la carta del surrealismo cromatico: peccato che sia convinto di mettere in scena una tragedia moderna – con tanto di coro, le signore al balcone – quando rende solo palese la sua pretestuosità d’autore. Indubbiamente brava, anche se fuori parte (anzi proprio perché fuori parte), Jasmine Trinca; Accorsi di nuovo, purtroppo, scult. (glf)

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