SKYSCRAPER

(Regia: Rawson Marshall Thurber, 2018, con Dwayne Johnson, Neve Campbell, Chin Han, Pablo Schreiber, Hannah Quinlivan)

SKYSCRAPER

La santa alleanza tra il cinema spettacolare americano e la Cina neocapitalista, più che delle solide basi ideologiche, ha ormai il sapore del classico matrimonio di convenienza, se è vero che nessun blockbuster pare poter rinunciare al grande mercato cinese: inevitabile allora che l’ugualmente tradizionale dramma del grattacielo supertecnologico “in fiamme” sposi un’ambientazione da metropoli asiatica, per quanto ancora collocandosi nel limbo di Hong Kong, città (del) limite in ogni senso. Non ci sono vestigia di L’inferno di cristallo, in Skyscraper, e la rinuncia all’ironia di genere scolpita per generazioni da Trappola di Cristallo è il portato di un’industria che ormai deve battersi, sempre più a mani nude, contro una concorrenza di supereroi a cui tutto è concesso, in una sospensione d’incredulità incontrollabile e, quella sì, del tutto priva di humour (tranne quello appositamente senza limiti dei Guardiani della Galassia, che ruotandolo di 360° mette quasi la pietra tombale al concetto stesso). L’handicap fisico di The Rock quando si aggrappa al palazzo spicca ancora più patetico pensando a un qualsiasi imberbe Spider-Man che si destreggerebbe senza fatica sulle liscissime superfici. E dato che tutto Skyscraper può essere guardato come un preciso dispositivo metaforico, non possono sfuggire le implicazioni teoriche di un incendio dal quale si scampa solo spingendosi verso l’alto, a meno di non tentare un’avventuroso passaggio del fuoco, laggiù in basso. Condannati all’agonismo, i dannati del grattacielo Pearl di Skyscraper trovano salvezza solo nella ripetizione di un percorso eroico molto classico, in cui usare il cervello e – col fiatone – immolarsi per ribadire la vitalità di un discorso che guarda ai vecchi tempi, senza sapere se questi potranno mai tornare. Banale, passatista e familista? Forse, ma vista l’aria che tira forse anche no. (dz)

voto_4