OPERA SENZA AUTORE

(Regia: Florian Henckel von Donnersmarck, 2018, con Tom Schilling, Sebastian Koch, Paula Beer, Saskia Rosendahl)

OPERA SENZA AUTORE

Un film che parla alla pancia degli spettatori, come aver dubbi. La Seconda Guerra Mondiale e le vicende ad essa collegate, comprese le storie di caccia ai criminali nazisti superstiti, continuano ad essere tra i temi storici favoriti di milioni di persone comuni e sono oggetto di decine di libri ogni anno. Il regista del bel Le vite degli altri e del funesto The Tourist cerca furbamente di inserirsi nel filone mescolando didattica e fotoromanzo, rifuggendo dalle interpretazioni critiche come dalle provocazioni (per queste ultime ci aveva pensato Paul Verhoeven nel caustico Black Book, dove curiosamente c’era sempre Sebastian Koch nei panni del nazista), e anzi indulgendo ad ogni possibile colpo basso, nella certezza o quasi di compiacere il pubblico, specie quello di una serialità televisiva d’accatto. Alle corte: ci sono film brutti che si dimenticano subito dopo la visione, e altri – più rari – che sono proprio da rifiutare e forse anche combattere. Opera senza Autore è di questa schiera: per il populismo cinematografico (dopo quello politico) che potrebbe o vorrebbe sdoganare, scindendo con faciloneria il bene dal male, appellandosi “al popolo” e al suo presunto maggiore buon senso, in aperto spregio degli intellettualismi che pretendono di trasformare quanto è per natura feuilleton da dare in pasto alle masse in trattato per intellettuali e lezione storica; esibendo la scena della camera a gas come affronto all’implicito della condanna dei crimini. Sottinteso perfido, ciò che diventa fumetto non può far male; ma il pensiero debole è il risvolto violento che si cela dietro lo schermo dell’innocenza da telenovela. Dopotutto non è un lapsus se il medico nazibolscevico alla fine non viene punito. (dz)

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