IL MIO CAPOLAVORO
(Regia: Gastón Duprat, 2018, con Guillermo Francella, Luis Brandoni, Raúl Arévalo, Andrea Frigerio, Maria Soldi)
Buenos Aires. Un gallerista di successo (Francella) e un pittore (Brandoni) di chiara fama, ma ormai non più in linea con ciò che vuole il volubile mercato dell’arte, sono amici da molti anni. Il peggio è che l’artista appare disinteressato al destino suo e della sua opera. Fino a che punto può arrivare il mercante d’arte per favorire l’amico e i propri interessi economici? Forse fino all’omicidio. Una commedia che, come Il cittadino illustre (di cui Duprat era regista insieme a Mariano Cohn, che qui è solo produttore), gioca a sorprendere lo spettatore svariando su registri che scivolano spesso dal bizzarro al patetico e al canagliesco e indirizzando al mondo dell’arte contemporanea frecciatine maliziose (peraltro un po’ spuntate). L’acme dovrebbe risultare dalle rivelazioni della sottotrama gialla, che si avvale anche di un sapido ammiccamento al Sospetto hitchcockiano; ma la sceneggiatura sembra infine sterzare più verso il modello un po’ usurato della strana coppia e il grottesco spegnersi nella semplice irriverenza. Non una satira irresistibile ma un’operina che, se non si hanno troppe pretese, può far piacere arrivi nello stagnante panorama delle sempre più omologate sale italiane. (dz)
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