IL GRANDE SALTO

(Regia: Giorgio Tirabassi, 2019, con Ricky Memphis, Giorgio Tirabassi, Roberta Mattei, Valerio Mastandrea, Marco Giallini)

IL GRANDE SALTO

Dopo tanti film di vario livello sulla malavita a Roma, era inevitabile che il filone venisse declinato in chiave comica, come succedeva in passato all’esaurirsi di un genere (si pensi ai Trinità, ai Milian/Er Monnezza, eccetera). Tirabassi, coadiuvato dall’intelligente sceneggiatore di Boris (Mattia Torre), maneggia bene il materiale, sceglie i comprimari giusti (impagabile il cameo di Mastandrea col parente a Giulianova) e non cova (per fortuna) smisurate ambizioni autoriali. Non è esente da difetti, certo, infatti da un lato la prima sequenza sembra messa lì quasi a sottolineare che sa come dirigere e gli attori protagonisti sono proprio quelli di Distretto di Polizia, tanto per tranquillizzare il pubblico, dall’altro lato il secondo atto in certi punti gira a vuoto e non tutte le gag vanno a segno. Però è raro vedere al cinema dei dialoghi, soprattutto quelli a tavola, così realistici nel parlare del quotidiano (e qui, per una volta, l’audio in presa diretta con poca post-produzione ha un senso profondo), e un attore come Ricky Memphis che fa sinceramente ridere. Non solo, proprio l’uso di questo personaggio – in certi tratti quasi lunare e fuori dal mondo – in un film prodotto dalla Medusa, sottende (si parva licet) un aspetto teorico su cui i critici che sono andati in visibilio hanno sottovalutato. Il suo personaggio evolve rincretinendosi perché nutrito dalle stupidaggini che gli propone Mediaset: la TV nel film propone solo documentari scemi e ricette, in questo senso la scena finale è impagabile e la critica va a segno. Non è il primo, Tirabassi, a esordire con una commedia non stupida, già altri (citiamo ad esempio Daniele Ciprì e Claudio Amendola), però, al secondo film hanno toppato. Si potrebbero fare altre riflessioni (il rapporto con la moglie, ad esempio) proprio perché è un film così fuori dalle mode che non si basa sui soliti stereotipi della comicità romana, e dimostra che il cinema non lo fanno solo gli autori: le scene al santuario, che sono il punto più alto del film, sono ben altra cosa rispetto a quelle del pur discreto Euforia. Il grande salto è solo l’inizio di una strada da seguire per fare finalmente una commedia all’italiana degna dei propri nobili trascorsi. (dv)

voto_3