GEMINI MAN

(Regia: Ang Lee, 2019, con Will Smith, Mary Elizabeth Winstead, Clive Owen, Benedict Wong)

GEMINI MAN

La trama (il concept originale risale addirittura al 1997) è il solito canovaccio sul destino dei sicari: il cecchino prezzolato e infallibile che vuole ritirarsi dopo l’ultimo colpo che lo ha frustrato emotivamente (qualcuno ha detto The Killer?), ma non appena mette in atto il suo proposito si ritrova braccato da un sistema corrotto che intende eliminarlo. Il suo nemico è qualcuno che gli somiglia fin troppo, tanto da sembrare proprio lui, solo più giovane. Almeno da Vita di Pi in qua, l’eclettico e pluripremiato Ang Lee si è adoperato per traghettare il cinema spettacolare dentro una nuova dimensione visiva: 4K, 3D e 120 fotogrammi al secondo (la cosiddetta HFR o High Frame Rate, che permette un’esperienza molto più immersiva allo spettatore) sono essenziali per questo Gemini Man, come si può intuire dalla qualità delle iperrealistiche scene d’azione che purtroppo non possono essere viste al meglio data l’arretratezza tecnologica delle sale, non solo italiane. Derubato di tale estensione ludica, il film non ha neppure al suo attivo una valida e serrata sceneggiatura (di David Benioff: La 25^ ora, ma soprattutto Il trono di spade) e si risolve in un confronto poco avvincente tra Will Smith e il suo giovane clone e tra loro due e il cattivo interpretato da Clive Owen. Inutile ruminare malmostosi paralleli col più riuscito Looper – In fuga dal passato (Rian Johnson, 2012) o disapprovare le ambizioni del regista che certo non è Coppola, Cimino o Cameron: a Gemini Man mancano le condizioni basilari per essere obiettivamente e intrinsecamente valutabile (molto più che al precedente Billy Lynn – Un giorno da eroe, girato con la stessa logica avanguardistica). Indignarsi col film lascia insomma il tempo che trova; chiediamoci semmai se tra performance capture sempre più estreme e un cinema altro da sé anche l’occhio dello spettatore non debba accogliere un paradigma “gemello” di visione per salvare il cinema dall’autoconsunzione. Quello sì che potrebbe essere un nuovo mondo. (dz)

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