IL PARADISO PROBABILMENTE
(Regia: Elia Suleiman, 2019, con Elia Suleiman, Ali Suliman, Gael Garcia Bernal, Vincent Maraval, Stephen McHattie)
Elia Suleiman torna al lungometraggio a distanza di dieci anni da Il tempo che ci rimane e il suo cinema finemente (e fieramente) politico acquisisce tinte mondialiste che solo in apparenza alludono a più letture, volendo in realtà incoraggiare il doloroso e introflesso sconcerto per la “palestinizzazione del mondo”, come la definisce l’autore in un’intervista. Gli sketch e le sequenze che vedono Suleiman viaggiare dal proprio paese ad una Parigi surreale e a una New York preoccupante rimangono però troppo spesso trattenuti, frenati dal ricorso ad uno sguardo sbilenco e sbigottito che si fa presto monocorde. Suleiman vorrebbe strappare una risata pensosa e digrignante e omaggiare apertamente Jacques Tati e Buster Keaton mentre rischia di finire dalle parti dell’ultimo film di Roy Andersson, nell’aspetto solo un po’ più vezzoso e assorto in confronto allo svedese ma altrettanto spuntato. Manca un pizzico di sorpresa e anche le frecciate al mondo del cinema sono poco indovinate: le ottime intenzioni e le sottili metafore non bastano a fare un grande film, anche se in alcuni momenti (l’incontro col tassista a New York, la gag dell’uccellino) si sorride amari o lievi. (dz)
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