CATTIVE ACQUE
(Regia: Todd Haynes, 2019, con Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins, Bill Camp, Bill Pullman, Victor Garber)
1998: il giovane e promettente avvocato Robert Bilott (Mark Ruffalo), specializzato nella difesa delle aziende chimiche e farmaceutiche, prende a cuore la causa di un allevatore contro il colosso DuPont, sospettato di sversare nel terreno residui e acidi nocivi per animali ed esseri umani. La battaglia legale non sarà semplice e richiederà molti anni. Prodotto dallo stesso Ruffalo e basato su un articolo del New York Times Magazine sulla vera storia di Bilott (ora raccontata nel suo memoir Exposure: Poisoned Water, Corporate Greed & One Lawyer’s Twenty-Year Battle Against DuPont), Cattive Acque non sembra un film di Todd Haynes, ma la questione della firma d’autore è comunque capziosa. Più che affermare la propria visione infatti, il regista di Lontano dal Paradiso e di Carol si adegua alla giustezza liberal dell’attore protagonista. Il ventennale corpo a corpo con gli esponenti di un capitalismo corrotto e cinico non è mai raccontato con toni urlati né con facili tirate moralistiche; il plot lucido e accorato, ma senza particolari picchi e accensioni – salvo quella dell’auto di Bilott in una sequenza significativa – è levigato e avvolto dalla cinerea fotografia dell’impeccabile Ed Lachmann (che tra gli altri aveva curato anche Erin Brockovich di Steven Soderbergh): il messaggio, per chi lo vuole sentire, arriva comunque chiaro. Dopo il pasticcio di La stanza delle meraviglie, un film forse interlocutorio per Haynes, che attendiamo a nuovi e più personali lavori. (dz)
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