PADRENOSTRO
(Regia: Claudio Noce, 2020, con Pierfrancesco Favino, Mattia Garaci, Francesco Gheghi, Barbara Ronchi)
Il vicequestore Alfonso Le Rose (Pierfrancesco Favino) subisce un attentato davanti alla sua abitazione, muoiono uno dei terroristi e uno dei suoi agenti di scorta mentre il magistrato rimane ferito. Il figlio undicenne Valerio (Mattia Garaci), propenso ai sogni ad occhi aperti, assiste alla scena e ne rimane segnato. Il ritorno a casa del genitore sarà il principio di una complessa elaborazione dell’accaduto a contatto col padre, distante e vicino allo stesso tempo. Claudio Noce, nel raccontare la drammatica storia della sua famiglia (e che ha vissuto e ricostruito solo a posteriori, avendo appena due anni al momento dell’agguato terroristico), sceglie un approccio lontano dal realismo tentando una sintesi molto difficile tra i fatti, le aspettative dello spettatore e le fantasticherie e i dissidi interiori e con la sua famiglia di un ragazzino alle prese con una cosa più grande di lui: per quanto inevitabilmente molto sentito dall’autore, il film finisce per sbilanciarsi nelle sue ambizioni onnicomprensive e perdere ogni coesione, non risultando credibile né come prodotto di genere né (tantomeno) in un’ottica d’autore, che sembra infine quella prevalente e si risolve purtroppo in un pessimo pot pourri di cattiva letteratura e cattivo cinema tra fantasmi, rimozioni e non detti che suonano sempre scontati e artefatti. Coppa Volpi per Favino, comunque. (dz)
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