ON THE ROCKS

(Regia: Sofia Coppola, 2020, con Rashida Jones, Bill Murray, Marlon Wayans, Jenny Slate, Jessica Henwick)

ON THE ROCKS

Anche se dobbiamo fare i salti mortali per poter vedere l’ultimo Sion Sono, per fortuna possiamo consolarci con l’ultimo film teorico della grande Sofia Coppola. C’è New York, l’amore, il (probabile) tradimento, la routine che logora i sentimenti e una protagonista-fan dei Beastie Boys e di Bernie Sanders. Senza dimenticare che On the rocks instaura una sottile e ricercata negoziazione col proprio spettatore, dentro e fuori dal suo tempo: c’è il Messico e il marito di colore com’è d’uopo per il film d’oggi che ostenta di combattere il razzismo, perché la Coppola a queste cose ci tiene e fa niente che lo si guardi coi soliti occhi turistici (notare come cambia la palette di colori), è comunque una risposta per le rime alle accuse di whitewashing dell’originalissimo L’inganno. Fuori dal suo tempo, invece, lo è dal punto di vista stilistico. Evitando le volgari trappole dell’emozione a buon mercato di certo cinema contemporaneo (piani-sequenza? steadycam? Dio ce ne scampi!) adopera un registro linguistico che pare fermo ad Edwin S. Porter in cui procedendo solo per piani fissi e qualche panoramica la costruzione dell’immagine non cambia se si inquadra un elettrodomestico o la scombussolata protagonista. Che, per inciso, vola da uno stato all’altro solo per una scenata di gelosia (beata lei): perché gli unici problemi sono quelli di cuore, come ai bei tempi di Frank Capra e Doris Day. Per non parlare della scrittura, giunta a livelli di grande maturità: il sapido e sagace personaggio di Bill Murray, chiara critica al Vecchio Maschilismo Fallocratico, che regala grandi e gioiose emozioni sciorinando perle di saggezza tutt’altro che banali (le donne come fiori, i fianchi come segno di fertilità, l’attrazione verso chi è sicura di sè) e, come nella miglior sophisticated comedy, coinvolge nel suo ottovolante di imbranatezza e simpatica senilità anche sua figlia. E c’è tanto altro ancora, dall’angoscia della pagina bianca di Mallarmè al geniale metacinema (visto che in un dialogo si cita la A24) che riconduce autorialmente allo stupefacente Somewhere. On the rocks dà troppi spunti da condensare in una semplice “pillola” come questa. Peccato che chi l’ha scritta ha pensato per tutto il tempo di non trovarsi davanti a un film. (dv)

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