THE MIDNIGHT SKY
(Regia: George Clooney, 2020, con George Clooney, Felicity Jones, Kyle Chandler, David Oyelowo, Caoilinn Springall)
Mentre la nave spaziale Aether ritorna da una missione di esplorazione su una luna di Giove che si è rivelata adatta ad ospitare la vita, l’ormai anziano scienziato Augustine Lofthouse (George Clooney) è malato terminale in una stazione meteorologica al Polo Nord: il tutto mentre la Terra è divenuta quasi completamente inabitabile e gli esseri umani si sono rifugiati nel sottosuolo. I giorni di Lofthouse sono scanditi dal tentativo di mettersi in contatto con l’astronave e dal rapporto con una strana bambina comparsa dal nulla all’interno della base. Alla settima regia in proprio, Clooney mette in scena lo script di Mark L. Smith (Revenant) tratto dal romanzo di Lily Brooks-Dalton La distanza tra le stelle, sulla carta più adatto ad un autore come Alex Garland che a lui. La complessità scientifica e filosofica di Interstellar di Nolan cede il passo ad una narrazione dai toni crepuscolari inframmezzata da alcuni squarci drammatici che vogliono ravvivare un plot meditabondo e debolmente elaborato in chiave simbolica: tra padri e figli ideali (con le comunicazioni radio sparute e frammentarie ad indicare l’afasia di un mondo sull’orlo del collasso), il pathos della fine e la speranza in un nuovo inizio, la sensazione è che la mescolanza di space opera e post apocalittico rimanga in gran parte sul piano delle buone intenzioni, forse anche per la prevedibilità della musica di Desplat e il casting piuttosto insapore degli occupanti della navicella spaziale. Un po’ dispiace perché la misura con cui Clooney si trattiene dall’offrire troppe spiegazioni – e la convinzione con cui si cala nel ruolo di un uomo solo e morente ma ancora alla ricerca di qualcosa – avrebbe potuto produrre un lavoro più originale e compiuto, senza che i vari temi che si agitano sullo sfondo (ecologismo, pacifismo, riflessione sul senso della vita) suonassero appena accennati e un po’ inarticolati. (dz)
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