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2021 – UN ANNO DI CINEMA: LA DURA VITA DELLE SALE ITALIANE

2021 – UN ANNO DI CINEMA: LA DURA VITA DELLE SALE ITALIANE

Cinema foto3

Il consuntivo di un anno complicato.

Il 2021 è stata un’ottima annata cinematografica per la qualità e la varietà dei titoli proposti e distribuiti in sala o su piattaforma. È stato un anno importante per il cinema italiano con diversi film davvero belli, rari e preziosi diretti da registi già affermati come Bellocchio, Sorrentino e Martone e da autori meno noti al grande pubblico, ma altrettanto capaci e talentuosi come Bonifacio Angius, Yuri Ancarani, Leonardo di Costanzo, Gabriele Mainetti e Jonas Carpignano.

Purtroppo in termini d’incassi non è stata una buona annata per i nostri cinema (e ancor meno per l’industria di casa nostra), costretti a causa della pandemia a stare chiusi per i primi quattro mesi per ripartire poi a fine aprile con pochi titoli a disposizione e di scarso appeal per il grande pubblico. L’iniziale penuria di titoli ha compromesso il lavoro e i ricavi delle arene estive, obbligate a fare i salti mortali per imbastire una programmazione dignitosa e interessante con pochi film a disposizione. Diverso il discorso da fine estate in poi quando i titoli importanti finalmente sono iniziati a uscire nelle nostre sale. Negli ultimi quattro mesi del 2021 c’è stata una grande abbondanza di titoli grazie ai film provenienti da Cannes e Venezia e alla distribuzione di blockbuster e cinecomics americani che avrebbero dovuto riportare al cinema il grande pubblico che invece, in sostanza, è rimasto a casa sul divano dove non è richiesto il green pass o la mascherina, che per molti sembra essere un ostacolo insormontabile. Almeno fino all’arrivo di Spider-Man: No Way Home che in appena due settimane di programmazione ha incassato quasi 19 milioni di euro, ovvero più del doppio di Eternals, attualmente il secondo film più visto al cinema in Italia in quest’anno che volge al termine.

Dispiace enormemente per il cinema italiano a cui non si può rimproverare granché, a differenza degli anni passati dove spesso e volentieri l’offerta era limitata al cinema d’autore e alle solite commediole. Con Freaks Out, Diabolik e La terra dei figli si è provato a osare, a proporre qualcosa di diverso, affrontando generi e temi poco frequentati dal nostro cinema negli ultimi anni, ma il pubblico è rimasto abbastanza freddo e indifferente. Il cinema d’autore ha proposto titoli di prima grandezza con i film di Martone e Di Costanzo, rimasti in sala per diversi mesi seppur con incassi piuttosto contenuti. Diverso il discorso per Sorrentino che in un mese in sala probabilmente ha incassato cifre importanti (non le conosceremo mai con esattezza a causa di Netflix che da sempre non consente che vengano diffusi i dati registrati al box office dai suoi titoli) per poi uscire in streaming continuando a far parlare di sé sui social, col pubblico al solito diviso in estimatori e detrattori, come avviene puntualmente a ogni uscita di un suo nuovo film. Il risultato per il nostro cinema è quindi ottimo in termini di offerta e qualità, mai così alta negli ultimi lustri, ma disastroso a livello d’incassi, con un unico “film” in top ten, quello dei Me contro te che hanno ottenuto cinque milioni di euro.

Per quanto riguarda la proposta complessiva sono davvero tanti i titoli importanti usciti in sala nel corso di quest’anno. È stato indiscutibilmente l’anno di Ryusuke Hamaguchi, uno dei nuovi maestri del cinema giapponese, capace di raccogliere premi e ottenere il plauso della critica con ben due film, Il gioco del destino e della fantasia in concorso a Berlino e Drive My Car proposto nella selezione ufficiale del Festival di Cannes. È stato l’anno di grandi autori come Pedro Almodovar, Radu Jude, Bruno Dumont, Pablo Larrain (anche se il suo nuovo film, Spencer, uscirà solo a inizio 2022, dopo il passaggio a Venezia), Steven Soderbergh (con Lasciali parlare e No Sudden Move entrambi relegati al piccolo schermo), Denis Villeneuve e Steven Spielberg, quest’ultimo snobbato dal pubblico americano e di casa nostra, impaurito alla sola idea di andare a vedere la sua (sublime e magnifica) versione di West Side Story, uno dei musical più celebri e importanti di sempre. È stato l’anno che ha visto trionfare a Cannes e Venezia, rispettivamente con Titane e La scelta di Anne, Julia Ducournau e Audrey Diwan, due autrici francesi (che diventano tre con Céline Sciamma che ci ha regalato il suo nuovo, piccolo, gioiello Petite maman), giovani e talentuose e che sembrano avere le idee chiare sul cinema che vogliono fare e proporre al pubblico. È stato l’anno di Chloé Zhao, trionfatrice al botteghino con Eternals e premio Oscar come miglior regista per Nomadland, la seconda donna nella storia a vincere l’ambita statuetta dopo Kathryn Bigelow. È stato anche l’anno di due vecchi leoni: l’olandese Paul Verhoeven che ha portato a Cannes il discusso e controverso Benedetta, purtroppo ancora inedito in Italia, e il britannico Ridley Scott, uscito al cinema con ben due film nel giro di pochi mesi, prima con The Last Duel e poi con House of Gucci. Due grandi maestri che, nonostante la loro brillante carriera costellata di film entrati di diritto nella storia del cinema, sembrano ormai destinati a essere incompresi e sottostimati, se non fraintesi e vilipesi dal pubblico e da buona parte della critica.

È stato un anno difficile e complicato per la nostra industria, soprattutto per gli esercenti che si sono attenuti in modo rigoroso ai vari protocolli anti Covid e ai decreti emanati dal governo. L’ultimo, il decreto per le festività entrato in vigore a Natale per cercare di arginare la nuova impennata di contagi, impone l’obbligo di indossare mascherine ffp2 e il divieto di consumare cibo e bevande in sala. Misure che hanno causato una brusca e deleteria diminuzione degli incassi proprio nei giorni storicamente più ricchi per i nostri cinema. Se da un lato si è evitato di introdurre il tampone per accedere in sala (dove peraltro da inizio agosto si entra solo se vaccinati), misura che avrebbe causato la morte certa del settore privato, dall’altro ha frenato quella timida ma incoraggiante ripresa dovuta soprattutto al grande exploit del nuovo Spider-Man e alla buona partenza di House of Gucci.

Noi de Il Bel Cinema vi auguriamo una buona fine d’anno con le nostre immancabili top ten, sperando con tutto il cuore che il 2022 possa essere un’annata meno complessa e più fortunata per la nostra industria cinematografica e per le sale, bisognose come non mai del sostegno e dell’affetto del pubblico per andare avanti e continuare ad esistere.

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.