Dopo il rinvio di oltre un anno causa pandemia, torna la saga motoristica che, con il passare degli episodi, appare incentrata a dire il vero sempre meno sulle nuove sfide di Toretto e famiglia allargata e invece in misura crescente sulla salvaguardia dello status raggiunto (una tranquillità “borghese” con i figli da crescere e da proteggere, come nel capitolo 8). Ma i pericoli, se in partenza sembrano quelli tipici di uno 007 qualsiasi – chip, armi e dispositivi preziosissimi da recuperare, criminali megalomani che minacciano il mondo da rintuzzare –, finiscono per venire proprio da quella cerchia famigliare che non cessa di riservare sorprese: e stavolta Dom deve fare i conti in prima istanza proprio coi traumi della giovinezza. Lo sviluppo del plot, dopo un prologo promettente nella giungla con un campo minato da attraversare a tutto gas, offre così molteplici digressioni nel melodramma familiare che, non privo di goffaggini, riduce cospicuamente il ritmo e vira su altri terreni le ambizioni di un franchise costretto, per non perdere il mordente, a superare ogni volta le attese dello spettatore sul piano dell’incredulità spettacolare. Questo per dire che, dopo aver seguito a bocca aperta inseguimenti con blindati, aerei e carrarmati e dopo aver visto volare le auto (col paracadute e senza) negli episodi precedenti, suona abbastanza deludente la capatina nello spazio di Tej e Roman (più linguacciuto del solito per bilanciare nell’alleggerimento ironico l’assenza delle smargiassate di Hobbs); senza contare che la gelida terrorista Cipher di Charlize Theron non ha spazio per diventare un’antagonista più credibile del solito figlio di papà miliardario con complessi di inferiorità. Torna a dirigere quel Justin Lin che ha alzato l’asticella ai tempi almeno del quinto episodio: ma poco conta, così come risulta posticcio il ritorno di un personaggio creduto morto in una saga che ha già fatto perno su risurrezioni improbabili. (dz)