LA RAGAZZA DI STILLWATER

(Regia: Tom McCarthy, 2021, con Matt Damon, Camille Cottin, Abigail Breslin, Lilou Siavaud)

LA RAGAZZA DI STILLWATER

La figlia di Bill Baker (Matt Damon), operaio petrolifero dell’Oklahoma, è in carcere a Marsiglia dove si era recata per frequentare l’università, ma ha finito con l’essere incriminata per l’omicidio della sua coinquilina e compagna. L’ipotesi che alcuni indizi contribuiscano a far riaprire il caso porta Bill nella città francese per indagare, facendo conoscenza con l’attrice teatrale Virginie (Camille Cottin) e sua figlia con le quali stabilirà un sodalizio duraturo. Il ritorno alla regia del premio Oscar Tom McCarthy dopo Il caso Spotlight (per quanto su Disney+ sia approdato lo scorso anno il poco pubblicizzato Timmy Frana – Il detective che risolve ogni grana) appare ispirato alla lontana al caso di Amanda Knox, la quale si è anche pubblicamente lagnata via social. Ma lo sviluppo è lontano dal sensazionalismo e punta almeno inizialmente sul rovesciamento dello stereotipo dell’americano ricco e sagace che si trova ad avere a che fare con un ambiente ostile: Baker è infatti un povero diavolo, non parla francese e si trova a disagio nei confronti di una situazione troppo complicata per le sue capacità. Piano piano però il film sembra trasformarsi in qualcosa di diverso, in una sorta di elogio della nuova normalità per i personaggi, per tornare infine alle premesse e trovare in qualche modo lo scioglimento di tutti i nodi insoluti, non senza attimi di tensione e la rottura degli equilibri raggiunti. Troppe piste, forse, per un film che oltretutto ha l’handicap di avere un minutaggio (140’) che suona eccessivo. Efficace comunque l’ambientazione marsigliese (e bella la sequenza del Vélodrome) e apprezzabile lo sforzo di lavorare sull’ambiguità e la difficoltà dei rapporti padre-figlia. (dz)

voto_3