ULTIMA NOTTE A SOHO
(Regia: Edgar Wright, 2021, con Thomasin McKenzie, Anya Taylor-Joy, Diana Rigg, Matt Smith, Terence Stamp, Rita Tushingham)
Eloise, giovane aspirante stilista, si trasferisce dalla Cornovaglia a Londra per studiare in una prestigiosa accademia di moda. Decisa a trovarsi una sistemazione per conto suo per allontanarsi dall’invadente e fastidiosa compagna di studi con cui divide la camera, affitta una stanza nella casa di un’anziana signora (interpretata da Diana Rigg, scomparsa nel 2020, a cui il film è dedicato). Eloise è dotata di poteri particolari e di notte, in sogno, viene catapultata in un’altra epoca, la Swinging London degli anni ‘60, in cui finisce col vivere le avventure di Sandie, una giovane aspirante cantante. A colpire in positivo del nuovo film di Edgar Wright, presentato fuori concorso all’ultima Mostra di Venezia, è la sublime e raffinata messa in scena, impreziosita da un comparto scenografico e coreografico di primissimo ordine e da una fotografia, curata dal coreano Chung Chung-hoon ex sodale di Park Chan-wook, che omaggia in modo esplicito e palese le atmosfere del giallo e del thriller all’italiana, Bava e Argento su tutti; senza dimenticare i rimandi a Repulsion di Roman Polanski e A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg, modelli di riferimento apertamente dichiarati dal regista inglese. Se le premesse risultano intriganti e suggestive, e le citazioni cinefile e le atmosfere stuzzicano e divertono gli appassionati del genere thriller/horror a cavallo tra gli anni ‘60 e i primi anni ‘70, a non convincere pienamente è l’intreccio narrativo, un po’ claudicante soprattutto nella seconda parte e nell’epilogo finale. Dopo la divertente e ispirata Trilogia del Cornetto, composta da L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo, che lo ha lanciato e fatto conoscere a livello internazionale, si ha come l’impressione che il regista inglese stia tentando di cambiare rotta e d’intraprendere un percorso autoriale decisamente più ambizioso rispetto agli exploit degli esordi, contraddistinti da una sana e cristallina volontà di divertire e intrattenere il pubblico in modo diretto, leggero e sbarazzino. Questo nuovo corso intrapreso da Wright, a partire dal sopravvalutato Baby Driver ma già intravisto in Scott Pilgrim vs. the World (che della nuova fase resta di gran lunga il migliore), ci convince meno perché troppo calcolato e costruito, meno “spontaneo”, folgorante e immediato rispetto ai lavori precedenti. Ultima notte a Soho è comunque un’opera con diverse frecce al suo arco tra cui una colonna sonora trascinante e due interpreti incantevoli e meravigliose come la lanciatissima Anya Taylor-Joy e la sorprendente Thomasin McKenzie. (bs)
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