3/19
(Regia: Silvio Soldini, 2021, con Kasia Smutniak, Francesco Colella, Caterina Forza, Paolo Mazzarelli)

Camilla Corti è un’avvocatessa d’affari in carriera con qualche scompenso nella vita personale: separata da anni, ha una relazione senza prospettive con un uomo sposato e il dialogo con la figlia universitaria è molto difficile. Una sera la sua vita cambia improvvisamente quando, mentre attraversa un incrocio pedonale, uno scooter la travolge. La donna ha soltanto un braccio rotto, ma uno dei due uomini a bordo del mezzo, un giovane immigrato senza documenti, muore a seguito dell’impatto con l’asfalto. Camilla inizia un percorso a ostacoli per cercare di ridare un nome e una dignità al defunto, ma questo tentativo comincia a prenderle la mano e a mettere sottosopra il suo mondo, donandole una prospettiva differente sulla sua vita e sulle sue relazioni. Il nuovo film di Silvio Soldini certifica come il regista sia ormai affetto da un’impasse e da una maniera da cui non riesce ad uscire. Si rischia di suonare ingenerosi vista l’abituale cura formale, eppure l’impegno del quale è permeato un lavoro come 3/19 (il titolo si riferisce al numero con cui viene identificato lo sconosciuto defunto) cede il passo ad una programmaticità di scrittura – frutto dell’abituale sodalizio con Doriana Leondeff (e Davide Lantieri) – che oggi ci appare indifendibile. Ritroviamo così i prevedibili meccanismi di un cinema che insegue una levigatezza di superficie e un garbo vetusti con cui offrirsi e prendere per mano il pubblico: ogni cosa si deve capire e giustificare (di qui la vicenda della sorella morta di Camilla, che spiega le scelte della protagonista) e tutto deve convergere verso conclusioni lineari e forzatamente ottimistiche come avviene nella parte finale, che più canonica non si potrebbe. La prova convinta e sensibile di Kasia Smutniak e di Francesco Colella meritava di meglio. (dz)
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