IL COLIBRÌ
(Regia: Francesca Archibugi, 2022, con Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Benedetta Porcaroli, Sergio Albelli, Nanni Moretti, Massimo Ceccherini)
L’arco della vita di Marco Carrera (Pierfrancesco Favino da adulto), detto il “colibrì” perché da piccolo era il più gracile della famiglia, ma in realtà perché come il colibrì “mette tutta la sua energia nel restare fermo”. Amori mai dimenticati, coincidenze paradossali, sconvolgimenti familiari non sembrano intaccare il suo compassato equilibrio, che si tratti di scendere da un aereo che si sfracellerà al suolo poco dopo o che debba riprendersi da un lutto lancinante. Fino alle scelte definitive. Tratto dal romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi, il nuovo film di Francesca Archibugi si dipana tra gli anni Sessanta e i giorni nostri (e oltre) con accumulo di flashback e flashforward che rendono accidentata e sfibrata la narrazione e, complice la tipica mediocrità stilistica della regista, anche abbastanza inutili gli sforzi del cast di essere all’altezza di quello che avrebbe tanto voluto essere anche un affresco su più generazioni. Oltre che il ritratto di un uomo e delle sue indecisioni e contraddizioni, ma pure su questo fronte non si va molto al di là dell’illustrazione. Certo, c’è un cast (specie femminile) che incuriosisce quanto basta e c’è sufficiente polpa romanzesca da convincere una parte del pubblico a vederlo, ma tutto sembra davvero slavato e privo di veri picchi e slanci significativi per farsi ricordare nel tempo. In tanto grigiume, c’è comunque un lampo di Massimo Ceccherini nei panni di uno jettatore di professione. (dz)
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