GRAZIE RAGAZZI
(Regia: Riccardo Milani, 2023, con Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Giacomo Ferrara, Vinicio Marchioni, Andrea Lattanzi, Giorgio Montanini, Fabrizio Bentivoglio)
Ridottosi a vivere doppiando film pornografici, l’attore Antonio (Antonio Albanese) riceve una proposta insolita dal vecchio sodale Michele (Fabrizio Bentivoglio nell’ennesimo personaggio gigione) in ben migliori condizioni delle sue: fare da istruttore e regista in un laboratorio teatrale con i detenuti di un carcere. Solo pochi prigionieri sono interessati, ma Antonio tira fuori il massimo che può dal materiale a disposizione, tanto che poi ha l’idea di mettere in scena addirittura Aspettando Godot: la scusa è che nessuno più dei carcerati sa quanto sia assurda la vita trascorsa nella vana attesa di qualcosa. Tra mille paletti e difficoltà, l’iniziativa ha un successo sorprendente. Riccardo Milani si sta forse un po’ fossilizzando sui remake di film transalpini dal buon successo di pubblico: dopo Mamma o papà? (2017, da Papa ou maman di Martin Bourboulon, 2015) e Corro da te (2022, tratto da Tout le monde debout di Franck Dubosc del 2018) riprende anche Un triomphe di Emmanuel Courcol (2020), a sua volta ispirato alla vicenda dell’attore svedese Jan Jönson che nel 1985 riuscì proprio a far recitare la pièce di Beckett agli ospiti di un penitenziario, traendone poi un monologo di successo (a cui si ispira il finale sul palco del Teatro Argentina). Il limite del film non è nell’originalità dei materiali di partenza (l’adattamento è del resto pratica tipicamente teatrale), semmai nella tendenza a non scartare sostanzialmente mai dalle strade più prevedibili: dalle scaramucce tra i detenuti agli ostacoli che si frappongono davanti al protagonista, il percorso è farcito di tappe canoniche: la scoperta del talento recitativo di alcuni attori, le storie individuali dietro la carcerazione e le motivazioni personali, gli ammutinamenti del gruppo, gli scazzi del regista e lo scetticismo iniziale dei burocrati. Funziona però l’amalgama dei protagonisti e i tempi comici appaiono azzeccati anche se tutto procede di fatto col normografo. Per una commedia senza troppi pensieri è abbastanza, l’importante è non chiedere di più. (dz)
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