AFTER WORK
(Regia: Erik Gandini, 2023, documentario)
Dagli eccessi di lunghissimi orari lavorativi (per esempio in America e in Corea del Sud, dove l’infelicità regna) alla concreta possibilità che il lavoro diventi un optional nella società del futuro (ma in qualche monarchia segnata dalla ricchezza portata dal petrolio, come il Kuwait, questa è già una realtà). Il documentario dell’italo-svedese Erik Gandini, già noto per Videocracy (2009), si muove nel solco dei libri del sociologo Ronald Paulsen, tentando di riflettere su scenari inquietanti che comprendono fin troppi temi: dalla videosorveglianza dei lavoratori esemplificata nella vicenda di una dipendente di Amazon addetta alle consegne all’ozio dei vecchi e nuovi ricchi, dai NEET italiani alla meccanizzazione globale che spazza via milioni di posti, dal reddito di base universale (con le note provocazioni di Elon Musk) alle future inutilità e irrilevanza degli esseri umani a cui accennano il solito Noah Chomsky e lo storico Yuval Harari. Temi non nuovi (a parte i saggi di Paulsen, inediti da noi, esiste una pletora di volumi su questi argomenti) che il documentarista frulla in forma effettistica e francamente noiosa, con tanto di momenti che vorrebbero scioccare gli spettatori (il recruiter che definisce leader “efficiente” Adolf Hitler): alla resa dei fatti After Work rimane in superficie e dà la netta sensazione di un’occasione persa per ragionare sull’uso spesso sconsiderato del tempo nella società del XXI secolo. Doppiaggio ben al di sotto della media, oltretutto. (dz)
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