PALAZZINA LAF
(Regia: Michele Riondino, 2023, con Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Anna Ferruzzo, Domenico Fortunato)
Non era probabilmente molto difficile intuire che il passaggio di Michele Riondino dietro la macchina da presa sarebbe stato sotto il segno del cinema sociale: da Francesco Rosi a Pietro Germi, da Gian Maria Volontè fino a Lina Wertmuller, i grandi ci sono tutti sotto le ceneri di Palazzina Laf, un esordio incredibilmente coerente ed efficace. La storia viene dal libro di Alessandro Leogrande (Fumo Sulla Città) che avrebbe dovuto firmare la sceneggiatura, ma purtroppo è venuto a mancare durante la lavorazione: e si svolge nella Taranto del 1997, durante uno dei più gravi casi di mobbing della storia italiana, verificatosi proprio alla Palazzina LAF (Laminatoio A Freddo) dell’Ilva di Taranto, ala in disuso del complesso siderurgico di Taranto e luogo dove erano resi inoffensivi e finivano gli operai che creavano problemi. Riondino sceglie allora la giusta prospettiva e declinazione, ovvero la deformazione grottesca del dolore, con nomi e volti perfetti: aggirando quindi la stanchezza o la svogliatezza produttiva di un cinema italiano che non si aggira facilmente in certe zone, rinverdendo conseguentemente un genere che usa ottimi interpreti presi via dalle solite commedie ombelicali e innocue. Palazzina Laf invece approfitta della sua inusitata originalità per spingere su dinamiche narrative affascinanti e interessanti: Riondino stesso – presente anche in scena -, ma anche Elio Germano e Vanessa Scalera, con un imprinting assai potente si scrollano di dosso la maggior parte dei rischi retorici (anche grazie al registro grottesco a là Wertmuller) e regalano un agghiacciante – perché dolorosamente realistico – ritratto delle classi operaie e quindi di un sistema di caste sociali, restituendo vizi e virtù sia dei dominati che dei dominanti. Certo, è fisiologico che nel film ci siano diverse cose da mettere a fuoco: i tipici eccessi degli esordi, foga sovraeccitata nel mostrare e nel raccontare quanto più possibile da una parte e eccesso di bozzettismo in alcune sequenze e personaggi di contorno dall’altra. Ma il regista attore mostra una sicurezza non da poco che unita all’originalità di sguardo potrebbe aver dato vita ad un autore nuovo e particolarmente interessante. (glf)
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