Sign In

Lost Password

Sign In

AS BESTAS – LA TERRA DELLA DISCORDIA

AS BESTAS – LA TERRA DELLA DISCORDIA

AB foto1

La brutalità degli uomini e la forza delle donne.

Per consentire loro di vivere in libertà, gli aloitadores immobilizzano le bestas con il loro corpo per rasarle e marchiarle.

Quella che avete appena letto è la scritta che apre il nuovo film di Rodrigo Sorogoyen, subito prima che ci venga mostrata una scena al rallentatore in cui alcuni uomini (gli aloitadores, traduzione letterale: i lottatori, ovvero gli allevatori galiziani) sono impegnati a domare e sottomettere i cavalli selvaggi (le bestas) a mani nude, usando solo la forza del corpo senza ricorrere a corde o bastoni.

La cosiddetta Rapa das Bestas è una tradizione molto sentita in Galizia, regione autonoma situata nel nord-ovest della Spagna. È qui che Sorogoyen ha scelto di ambientare As Bestas, il suo sesto lungometraggio presentato l’anno scorso fuori Concorso a Cannes (a quanto pare solo perché proposto al festival dopo che erano già stati selezionati i titoli in competizione). L’ultimo lavoro di Sorogoyen, uno dei talenti più puri e cristallini del cinema europeo di questi ultimi anni, è stato poi “risarcito” del mancato Concorso a Cannes con la vittoria del César per il miglior film internazionale e di ben nove riconoscimenti all’ultima edizione dei Premi Goya.

Antoine e Olga, una coppia francese, si sono stabiliti da qualche anno in un piccolo e remoto paese sulle montagne della Galizia per vivere a contatto con la natura, praticando un’agricoltura ecosostenibile e restaurando case abbandonate per cercare di ripopolare il villaggio e di far scoprire ai turisti la bellezza incontaminata del luogo. La loro presenza e il loro voto contrario alla proposta di una multinazionale che vorrebbe installare delle pale eoliche sul territorio, suscitano l’ira e l’ostilità dei vicini di casa, due fratelli originari del luogo che allevano bestiame, in cerca di un futuro migliore, lontano da lì, in città, dove potersi rifare una vita coi soldi ottenuti dalla vendita della loro terra.

A partire dalla già citata sequenza iniziale in slow motion, accompagnata dalle note alte e dissonanti dello score musicale firmato dal fidato Olivier Arson, Sorogoyen costruisce una tensione che rimarrà alta e costante per tutta la durata del film. Chi ha già visto i lavori precedenti del regista madrileno, autore insieme a Isabel Peña di tutti i soggetti e delle relative sceneggiature, conosce già la sua incredibile maestria nel costruire e mettere in scena storie di grande impatto emotivo girate con un senso del ritmo e dell’azione davvero impressionanti. Nelle sue mani anche le battute e i dialoghi contribuiscono in modo fondamentale a imprimere pathos e tensione alle storie narrate. Dopo due thriller di culto e al cardiopalma come Que Dios nos perdone e El Reino (disponibili su Prime Video), il primo ambientato in una Madrid caotica e arroventata dal sole, con due poliziotti impegnati a dare la caccia a un serial killer nonché stupratore di donne anziane, il secondo immerso in uno scenario di dilagante corruzione politica, e dopo Madre, in cui riprendeva il suo omonimo corto di un paio d’anni prima, con una donna alle prese con un’impossibile elaborazione del lutto, Sorogoyen cambia nuovamente pelle, adottando un altro approccio stilistico. In As Bestas non troviamo le scene d’azione, frenetiche e convulse, che hanno reso unico e impareggiabile il suo modo di girare e di cimentarsi nel genere thriller, per il quale ha da sempre dimostrato di avere una naturale propensione e un’incredibile dimestichezza. Qui, come e ancor più che in Madre, il thriller è contaminato col dramma familiare e sentimentale, da cui trae nuova forza e ispirazione, tanto da trasformarsi radicalmente nella seconda parte, che diviene quasi un altro film, dove la violenza e la brutalità degli uomini cedono il posto, o meglio vengono sconfitte, dalla forza e dalla resilienza delle donne. Sorogoyen qui non calca mai la mano, non forza mai i tempi, non vuole stupire lo spettatore con uno dei magistrali e inconfondibili pianisequenza che hanno reso così potenti i suoi film e la sua serie tv Antidisturbios (disponibile su Disney+). As Bestas è un film in sottrazione, dove Sorogoyen mira a rendere il suo stile asciutto ed essenziale, in cui la violenza, relegata spesso al fuori campo, viene mostrata in modo esplicito e palese in un’unica occasione, da cui si svilupperà un altro film con un’altra storia, come già sperimentato in Madre, dove al drammatico e tesissimo incipit telefonico in interni faceva seguito uno stacco che ci trasportava su una spiaggia con un balzo temporale di dieci anni. I dialoghi, le discussioni, i serrati faccia a faccia si susseguono senza soluzione di continuità per tutto l’arco narrativo di As Bestas. Molti di questi confronti hanno per teatro l’unico bar (il saloon se fossimo in un western) del paese dove il maggiore dei due fratelli, i contadini e allevatori del luogo, non perde occasione per offendere e provocare il forestiero, l’estraneo, il “francesino” visto come il nemico che ostacola il suo riscatto sociale, giunto in quei luoghi sperduti in cerca di un contatto con la natura da cui invece l’autoctono vorrebbe fuggire per lasciarsi alle spalle il “puzzo di merda”. I loro scontri verbali, inframezzati da silenzi (che talvolta dicono più di mille parole) e pervasi da una tensione implosa e sotterranea, costituiscono l’ossatura di tutta la prima parte del film, a cui più avanti seguirà un confronto al femminile, intenso e doloroso, tra una madre forte e testarda e una figlia arrabbiata e spaventata.

Con As Bestas (1) Sorogoyen dimostra di essere giunto nel pieno della sua maturità artistica, con un controllo totale e invidiabile di ogni aspetto del processo artistico e produttivo, compresa la magnifica direzione degli interpreti (formidabili Marina Foïs, Denise Ménochet e Luis Zahera) e con uno sguardo sempre più lucido e di conseguenza pessimista, sebbene qui paradossalmente lo sia meno che altrove (2), nei confronti del genere umano.

Si consiglia vivamente di vedere il film, distribuito da Movies Inspired e Lucky Red, in versione originale con sottotitoli per godere appieno della grande interpretazione di Luis Zahera, attore spagnolo già diretto in passato da Sorogoyen (3).

(1) Come appare ovvio e scontato nel corso del film siamo noi uomini le bestas del titolo, non certo i cavalli.

(2) Si pensi al clima cupo e paranoico di cui è intriso El Reino in cui si fatica a trovare un solo personaggio positivo.

(3) Nella versione italiana i dialoghi in francese sono mantenuti inalterati, provvisti di sottotitoli, mentre quelli in spagnolo sono doppiati nella nostra lingua.

voto_5

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.