La Masterclass di Bong Joon-ho, l’evento di punta del 21° Florence Korea Film Fest.
Giovedì 6 aprile al cinema La Compagnia si è tenuta l’attesa masterclass, dal titolo Geometrie dello Sguardo, del regista premio Oscar Bong Joon-ho. L’evento di punta, già sold out da tempo, della ventunesima edizione del Florence Korea Film Fest ha visto protagonista l’autore coreano più importante e celebrato a livello internazionale degli ultimi anni, dopo il clamoroso trionfo di Parasite agli Academy Awards nel 2020, premiato non solo per il miglior film internazionale ma anche per la regia, la sceneggiatura originale e soprattutto per il miglior film. Un evento destinato a entrare nella storia del cinema, dal momento che è stata la prima volta in assoluto in cui un film in lingua non inglese ha vinto la statuetta più ambita e prestigiosa, quella per il miglior lungometraggio. Parasite, primo film coreano a vincere un Oscar (anzi quattro), aveva intrapreso la sua marcia trionfale al Festival di Cannes nel 2019, dove aveva vinto la Palma d’oro.
E di Parasite Bong Joon-ho ha parlato a lungo e a più riprese durante l’incontro col pubblico. Con Parasite sono tornato a fare un film in Corea a distanza di dieci anni da Madre ed è stato un po’ come tornare a casa. Tra l’altro ho avuto modo di vedere la versione doppiata in italiano e devo dire che non mi è dispiaciuta affatto. Nei miei film mi diverto a pensare agli spazi da un punto di vista cinematografico. In Parasite, a partire dalla stesura della sceneggiatura fino alla sua realizzazione, abbiamo pensato a come rendere la verticalità che lo contraddistingue. È un film fatto di scale (ce ne sono davvero tante!), proprio per raffigurare le classi e le diseguaglianze sociali, ma non è il primo film coreano che si occupa di questi argomenti. Forse il mio film è riuscito a espandere in maniera drastica e drammatica questa verticalità: c’è il pianoterra ma c’è anche il seminterrato e un altro piano nascosto. All’inizio sembra un conflitto tra una famiglia ricca e una povera ma poi si scopre che c’è un’altra famiglia ancora più povera. Parasite si svolge per il 90% all’interno di due abitazioni che divengono dei veri e propri personaggi viventi del film. Abbiamo ricostruito sul set la villetta della famiglia ricca mentre il seminterrato della famiglia povera è stato ricostruito all’interno di una piscina, per avere la possibilità di allagarlo nella seconda parte del film.
In Parasite si parla di diseguaglianze sociali, tema ricorrente nel cinema coreano e nella filmografia di Bong Joon-ho che se ne era già occupato in Snowpiercer (lì al posto della verticalità c’era l’orizzontalità dei vagoni del treno, divisi per classi sociali). Il cinema italiano fino agli anni ‘70 trattava in modo efficace questi argomenti, a differenza di quanto accade in quello contemporaneo dove se ne trova traccia solo o quasi nel cinema d’autore, senza il ricorso ai generi che invece in Corea vengono utilizzati anche per parlare di società e politica. Da giovane ho visto i film di Elio Petri e di Marco Bellocchio, di recente ho scoperto e amato il cinema di Alice Rohrwacher, adoro il suo Lazzaro felice dove si parla di sfruttamento lavorativo. Tornando a Bellocchio, una volta a Lione ho avuto l’onore di cenare con lui. Ero molto nervoso e emozionato ma non abbiamo parlato granché, quella sera era piuttosto silenzioso.
A proposito del suo lavoro in fase di pre-produzione Bong ha svelato che si affida tantissimo agli storyboard. Lavoro molto con gli storyboard, li realizzo in prima persona e mi illudo di essere come un disegnatore di cartoni animati, una delle mie passioni fin da quand’ero bambino. Disegnare gli storyboard mi piace e mi aiuta a sentirmi sicuro di me sul set nel momento in cui vado a girare le singole scene. Cerco sempre di restare fedele agli storyboard che ho preparato ma anche di lasciare una certa libertà artistica agli interpreti dei miei film.
In merito a Memories of Murder, che fu il suo secondo film dietro la macchina da presa e il primo grande successo a livello internazionale, a Bong è stato chiesto del suo rapporto sul set con l’attore Park Hae-il, l’ospite d’onore di questa edizione del festival che ha lavorato con lui anche nel successivo The Host. Ricordo che una notte mi telefonò, ubriaco fradicio, per chiedermi se il colpevole nel film fosse il suo personaggio o meno. Il pubblico non lo avrebbe mai saputo ma lui almeno voleva esserne a conoscenza. Gli dissi di interpretarlo come se fosse innocente, in modo che il pubblico avesse la sensazione che fosse il killer. Park ha questo aspetto da cerbiatto indifeso ma al contempo può sembrare anche uno psicopatico: un dualismo che assomiglia a una benedizione per un attore. Memories of Murder è la storia di un fallimento continuo e del perché non poteva che esserlo in quel determinato periodo storico (siamo a metà degli anni ‘80 durante il regime militare). Il film è ispirato a una storia vera, quella del primo serial killer coreano, attivo tra il 1986 e il 1991, scoperto e identificato solo nel 2019, attualmente detenuto nel carcere di Pusan. Mentre lavoravo al film non facevo che pensare al serial killer e quando uscì al cinema mi chiesi se sarebbe andato a vederlo. Per questo motivo nell’epilogo ho voluto che il poliziotto interpretato da Song Kang-ho guardasse dritto in camera, per stabilire un eventuale contatto tra lui e l’assassino.
Riguardo al suo nuovo film, Mickey 17, in uscita nel 2024, Bong ha dichiarato di averlo girato l’anno scorso nella periferia londinese. Dopo Snowpiercer e Okja non è stato difficile riabituarsi a un set all’estero. È un film di fantascienza ad alto budget ma sono sicuro che riconoscerete il mio stile, ci sono i miei soliti personaggi un po’ goffi, buffi e stupidi. Nei miei film gli elementi comici e satirici emergono nella caratterizzazione dei personaggi più forti che si atteggiano nel voler sembrare ancora più sicuri e potenti fino a risultare ridicoli. I deboli invece, in quanto persone che non hanno niente da perdere, cercano in tutti i modi di conquistare il loro obiettivo fino a sembrare ancora più tristi e disperati: il che fa emergere una certa comicità.
All’inizio della masterclass, dopo aver ricevuto i premi istituzionali da parte del Comune di Firenze e della Regione Toscana, Bong aveva svelato i due titoli visti quand’era solo un bambino di 9/10 anni che più lo hanno formato e influenzato. Psycho di Alfred Hitchcock e Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica sono i miei due film di formazione. Tra l’altro, quando ho visto Ladri di Biciclette mi era stata regalata una bici che mi hanno rubato poco dopo, quindi sono molto legato a quel film, ho empatizzato subito con i personaggi, ai tempi ovviamente non sapevo nulla del cinema di De Sica. Invece la visione di Psycho è stata scioccante, non sapevo nulla del film, aveva questo flusso della storia che non permetteva di capire dove sarebbe andato a parare. Mi è rimasta tuttora questa sensazione di shock legata al capolavoro di Hitchcock: è un film in bianco e nero, ma il sangue che colava in bagno nella scena della doccia lo ricordo rosso.
Riguardo a Madre, film in programma in serata al festival in una inedita versione in bianco e nero che sarà introdotta e presentata dal regista, Bong ha parlato del lungo lavoro di preparazione prima delle riprese. Insieme al mio staff e alla troupe ho perlustrato tanti luoghi della penisola coreana in cerca della location ideale perché, al contrario di Parasite, si trattava di un film che si sarebbe svolto per buona parte in esterni. Si parla spesso delle madri italiane, del loro essere forti, protettive e apprensive ma anche quelle coreane non sono da meno. Ho cercato di rendere questi elementi nel film anche attraverso i luoghi delle riprese, aspetti che secondo me e secondo il direttore della fotografia vengono ancora più esaltati dalla fotografia in bianco e nero. (1)
Bong si è dimostrato molto loquace, brillante e spiritoso nel corso della masterclass, interagendo col numeroso pubblico – composto in buona parte da giovani – a cui si è rivolto per sapere quanti sceneggiatori o aspiranti tali fossero presenti in sala. Avere in mente della parole chiave e dei concetti forti in fase di stesura della sceneggiatura può essere molto utile ma bisogna stare attenti a non rimanerne prigionieri. Scrivere è molto faticoso e impegnativo, a volte sogno di avere un armadio pieno di sceneggiature già pronte! I miei script subiscono spesso delle modifiche, in Parasite la terza famiglia, quella nascosta nel sottosuolo, non era presente nella prima stesura, l’ho aggiunta poco prima di iniziare le riprese. In Madre sapevo da subito quale sarebbe stato il finale ma non avevo idea di come arrivarci mentre in Parasite all’inizio non sapevo come lo avrei chiuso. In genere parto sempre dalle situazioni singole, individuali (più sono piccole e meglio è). Poi dal piccolo lo sguardo si estende e si espande e non si può fare a meno di guardare alle classi sociali e di affrontarne le diseguaglianze e ingiustizie. La stragrande maggioranza dei miei personaggi non è pronta a fare ciò che deve fare e finisce per commettere un sacco di errori che fanno sì che il pubblico rida di loro ma che si senta anche in colpa per averli derisi.
Al termine dell’incontro, rispondendo a una domanda di una spettatrice che dopo aver visto Okja ha smesso di mangiare carne, Bong Joon-ho ha parlato del suo approccio al film. Poco prima delle riprese sono stato in un enorme mattatoio di mucche in Colorado dove ho assistito a tutte le fasi del “processo produttivo”. L’odore che si sente al suo interno ti rimane dentro. Da allora avevo smesso di mangiare carne ma devo confessare che da un po’ di tempo, su consiglio del medico, l’ho reintrodotta. In molti mi hanno detto di essere diventati vegani o vegetariani dopo aver visto il film e devo ammettere che adesso che ho ripreso a mangiare carne mi sento un po’ in colpa nei loro confronti. La riflessione e la domanda che volevo porre con Okja era legata alla provenienza del cibo che mangiamo e di com’era e di cos’era prima che arrivasse sulle nostre tavole.
(1) Ricordiamo che anche per Parasite esiste una bellissima versione in bianco e nero che in Italia è stata presentata in anteprima al Far East Film Festival di Udine ed è attualmente reperibile in home video grazie a Eagle Pictures.
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