Una delle frasi più belle che ho sentito in vita mia l’ha detta un bambino: Che cos’è un disegno? È un’idea con intorno una linea. (Bruno Bozzetto)
In molti forse si ricorderanno dell’esordio nel lungometraggio di Marco Bonfanti, avvenuto quattro anni fa con L’ultimo pastore, una piccola produzione di grande successo ospitata in svariati festival internazionali. Dopo aver raccontato una storia dai toni fiabeschi incentrata su uno degli ultimi pastori italiani dediti all’antico mestiere della transumanza, Bonfanti torna alla ribalta con un’opera seconda che ha per protagonista il più grande animatore del cinema italiano. Bozzetto non troppo, titolo che rende un omaggio esplicito ad Allegro non troppo, è un’immersione nella vita, nell’arte, nei pensieri e nei ricordi di Bruno Bozzetto. Personaggio vulcanico e volitivo, dal carattere schivo e riservato, allergico ai riflettori (nella sua lunga carriera raramente si è presentato di persona per ritirare un premio*), milanese di nascita ma bergamasco d’adozione, Bozzetto vive nella sua casa fuori città circondato dall’affetto della sua famiglia e dei suoi numerosi animali, tra cui spicca la presenza dell’irresistibile e adorabile Beeelen, una pecora domestica che si crede un cane. Bonfanti osserva e filma Bozzetto lasciandogli una certa autonomia, seguendolo nel suo studio casalingo, negli uffici milanesi della sua compagnia d’animazione, negli spazi aperti e incontaminati nei pressi della sua casa sul lago (la natura con la sua bellezza aiuta a pensare, facilita e stimola la nascita di nuove idee). Bozzetto ricorda i primi passi nel mondo del cinema, i primi cortometraggi, il debutto nel lungo – affrontato con una certa incoscienza e spirito d’improvvisazione – con West and Soda avvenuto nel 1965, che probabilmente per il suo approccio ironico e parodistico nei confronti del genere western è da ritenersi il primo film d’animazione rivolto ad un pubblico adulto, nonché il primo spaghetti western (l’uscita al cinema avviene a pochi mesi di distanza da Per un pugno di dollari ma bisogna considerare la lunga gestazione dell’opera di Bozzetto rispetto ai tempi più brevi e ristretti del film di Sergio Leone).
Più che soffermarsi sulla tecnica del celebre illustratore italiano Bonfanti intuisce che la cifra stilistica che contraddistingue e caratterizza l’arte e il lavoro di Bruno Bozzetto è riconducibile al suo innato e spiccato umorismo (ho sempre guardato con molto sospetto le persone che non hanno senso dell’umorismo). Amato e rispettato all’estero, visto come un maestro e un punto di riferimento dal patron della Pixar** John Lasseter, che lo ha invitato agli studi Disney Pixar in America (mentre Diane Disney, figlia di Walt, gli ha riservato uno spazio apposito nel museo di famiglia) rivelandogli che suo figlio si è laureato proprio con una tesi su Allegro non troppo (il capolavoro di Bozzetto), dispiace pensare che in Italia sia stato un po’ dimenticato negli ultimi anni. All’estero, per esempio in Germania, il Signor Rossi – una delle sue creature animate più famose protagonista di diversi corti e di tre film – ha avuto un successo più lungo e duraturo rispetto all’Italia, senza dimenticare che Bozzetto già in passato aveva faticato non poco per trovare un distributore per Allegro non troppo, considerato un titolo senza un suo pubblico di riferimento perché non rivolto ai bambini e uscito nei nostri cinema solo dopo l’incredibile successo nelle sale statunitensi.
Sembra esserci un sottile filo rosso che unisce Renato Zucchelli, il pastore dallo sguardo puro e incontaminato come quello dei bambini protagonista del film precedente di Marco Bonfanti, e Bruno Bozzetto. Sono personaggi non comuni, stralunati e fuori dagli schemi, poetici e sognatori, di animo gentile e delicato. La sensibilità di sguardo di Bonfanti è attratta e incuriosita da caratteri coi quali probabilmente sente una certa affinità, come emerge dal suo approccio empatico, ma al contempo sobrio ed essenziale, che gli permette di entrare in punta di piedi nelle loro vite e di cogliere e catturare con la macchina da presa momenti di riflessione e d’intimità in modo naturale, senza forzature o stonature.
Bozzetto non troppo omaggia e rimette al centro dell’attenzione uno dei nostri più grandi autori e conferma l’indubbio talento di un giovane filmmaker che sembra avere le idee chiare su come sviluppare un proprio percorso artistico coerente e maturo.
* Una delle rare eccezioni si è verificata nel 1991 quando il corto Cavallette ha ricevuto la nomination agli Oscar e Bozzetto è volato a Los Angeles per partecipare alla cerimonia di premiazione (la statuetta andò a Creature Comforts di Nick Park).
** La Pixar si è ispirata ai lavori di Bozzetto, facendo tesoro del suo umorismo e rendendogli omaggio ne Gli Incredibili dove si trovano alcuni riferimenti a Vip, mio fratello superuomo, il suo secondo lungometraggio uscito nel 1968. Dal canto suo Bozzetto nel 2005 ha realizzato un corto, Looo, dove omaggia in maniera ironica e divertita proprio il film della Pixar uscito un anno prima.
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