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La forza distruttiva delle parole.

Una delle ossessioni più pervicaci dell’atteggiamento critico è quello di voler cercare e trovare un legame, un fil rouge, un’impalcatura generale all’interno della filmografia dell’autore, quasi come a voler dare più coerenza e quindi più spessore organico al suo cinema.

A torto o a ragione che si faccia, il cinema di Daniele Luchetti è probabilmente quello in Italia che meglio si presta a quest’interpretazione, senza però farsene travolgere al punto da diventare pedante, e riuscendo a trovare il giusto equilibrio. Che, in quasi venti film di finzione più diversi documentari e qualche puntata dell’Amica Geniale televisiva, è sempre stato attraversato anzi intessuto dal e col filo di Domenico Starnone e Francesco Piccolo: ma attenzione, è uno stato che è sempre vissuto con fierezza e come un plus e non come un minus come alcuni vorrebbero, sbagliando. La compattezza del cinema di Luchetti sta qui: nell’aver avuto l’intelligenza di costruire un sodalizio nel quale trovarsi a proprio agio come regista per avere sempre temi e suggestioni e approfondimenti sulle storie più diverse, adattando la propria visione di messa in scena secondo direttive narrative sempre diverse, che permettono ai suoi film di essere vari ma firmati con la stessa, innegabile mano d’autore.

Confidenza viene allora anche da lì, dal libro di Starnone, e riassembla in maniera nuova e variegata luoghi ricorrenti come la scuola, Elio Germano, il rapporto di coppia che si fa rapporto sociale. Infatti la confidenza, ossia il segreto inconfessabile che lega i due protagonisti del film, non viene mai opportunamente svelata, perché non serve che si sappia dovendo rimanere legata alla sfera della sineddoche: la frase sussurrata dal Pietro Vella di Elio Germano alla Teresa Quadraro di Federica Rosellini può essere tutto e non deve essere niente.

È la forza travolgente e distruttiva delle parole, quando la realtà si frantuma in mille derive false e finzionali asservite alla soggettività di chi le dice; è il potere della donna liberata e indipendente sull’uomo, che vede sgretolare le sue certezze e vive in un costante stato d’ansia; e ancora è la paura della verità che fa precipitare il protagonista in un’esistenza sempre in bilico, intrisa di un parossistico terrore di qualunque quotidianità. Confidenza è un film sicuro e delicato, come tutti quelli del regista, che asciuga i fronzoli ed inietta emozioni solo nelle sequenze essenziali, seguendo una linea dritta che porta fino alla fine; ma è anche una trappola emotiva, una di quelle opere che si insinua lentamente tra le pieghe della coscienza e si sedimenta sul fondo, in attesa di essere rivista e riletta.

Ma alla fine è anche e soprattutto un film che impasta le parole, gli occhi, i colori, i suoni e le latitudini intime per restituire un senso di timor panico da cui è difficile uscire fuori.

voto_4

Gianlorenzo Franzì
Figlio della Calabria e di Lamezia Terme, è critico onnivoro e militante, preferisce il rumore del mare e il triangolo Allen-Argento-Verdone. Vive e si nutre di cinema che infiamma: si commuove con Lynch e Polanski, Nolan e Cronenberg, pugni in tasca e palombelle rosse, cari diari e viali del tramonto, ma è stato uno dei primi critici ad accorgersi (e a scrivere) in maniera teorica delle serie tv e della loro inesorabile conquista del grande schermo. Incredibile trovi il tempo di fare anche l’avvocato: perché dal 2007 è direttore artistico della Mostra del Cinema di Lamezia Terme - LFF da lui creata, dal 2004 ha un magazine tv (BUIOINSALA, ora in onda dalle sale del circuito THESPACE) e uno in radio (IL GUSTO DEL CINEMA), scrive o ha scritto su Nocturno Cinema, Rivista Del Cinematografo, Teatro Contemporaneo e Cinema, Weird Movies, ha pubblicato due saggi (uno su VOCI NOTTURNE, uno su Carlo Verdone). Ha una good wife ma si è perso nei labirinti di LOST: ancora non si è (ri)trovato.