Sign In

Lost Password

Sign In

CS foto1

La malattia, la famiglia e l’amore.

C’è un sottotesto fondamentale nel quarto film da regista di Francesco Bruni, che scardina i luoghi comuni sul “cinema della malattia”, e che rende necessario nella sua delicata urgenza Cosa Sarà: il venir meno della figura retorica del malato belligerante visto come un guerriero in prima linea.

Non c’è colpa nella malattia, e non c’è voglia di combattere, ma solo una fragilità evidente e quasi sovversiva. Messa subito in chiaro fin dalle prime immagini del film: quei titoli di testa con il sottofondo di A Perfect Day e la vulnerabile debolezza del protagonista il cui taglio di capelli viene esposto in primissimo piano, senza filtri, quasi come uno schiaffo in faccia per mostrare quello che di solito viene nascosto: la paura, il baratro, la vertigine del mutamento.

In questo senso, è eccellente la prova di Kim Rossi Stuart più a suo agio che nelle ultime sue uscite, che si espone come poche volte in passato (riprendendo quelle sue prove tanto centrate in Senza Pelle di D’Alatri e Questione di Cuore della Archibugi), mettendo al servizio della storia una semplicità diretta e senza strutture. Per questo, Cosa Sarà è un film a cui, nonostante le debolezze strutturali vistose specialmente nella seconda metà, non si può non voler bene: per la sua schiettezza, per quella semplicità dolorosa su cui fonda il suo sviluppo narrativo che, intelligentemente, evita ogni avvitamento su sé stesso e non prende scorciatoie per raccontare la storia di una malattia. Perché sì, il percorso di guarigione è il centro focale della trama, ma è quasi preso di traverso, perché a Bruni (soggettista oltre che regista, e sceneggiatore insieme allo stesso Rossi Stuart) interessa parlare ed evidenziare le reazioni dell’individuo e della famiglia relativamente alla malattia, che spinge ad interrogarsi sul proprio senso, sulle proprie origini, in un sentiero à rebours verso gli affetti, le paure, il rimorso e tutto il rimosso che fa di noi quello che siamo e quello che avremmo dovuto, potuto e voluto essere.

Perché poi la famiglia è sempre stata il centro d’interesse dello studio d’approfondimento di Bruni – non solo come regista ma anche come sceneggiatore per altri, in primis Paolo Virzì -, un passaggio cruciale, con il suo disfacimento postmoderno sotto la spinta propulsiva delle nuove forze, e insieme il suo ricompattarsi con la forza dell’amore. Il suo cinema funziona infatti sempre con cortocircuiti narrativi e teoretici: tra gioia e dolore, tra decomposizione delle istituzioni interpersonali e ricomposizione/sovrapposizione negli affetti, tra slittamenti e confronti di piani temporali (passato e presente). Cosa Sarà non sfugge a questo morbido schematismo, aggiungendo anche una realtà parallela che è quella dell’onirico, assente in passato: è proprio in queste sezioni che il film è meno compatto e funzionale – la proiezione del protagonista sulla barca della dottoressa, la presenza ricorrente della madre -, ma proprio grazie a queste non smette mai di mostrarsi sincero anche nonostante le sue crepe inessenziali. Anche in questo modo, il film (re)inventa una maniera meno spettacolare ma più vera di raccontare il dolore, la morte e la perdita – attraverso la malattia -, destrutturando la classica partizione narrativa che vuole un climax emotivo (che qui è giustamente assente, fatta eccezione per quel sottofinale così ricattatorio eppure così inevitabile nella sua opportuna commozione) e smarcandosi sempre dalla risata facile (anche quando è pronta a scattare), dal pianto sicuro, dalla tragedia in atto. Ma c’è anche una tenerezza di fondo, che gioca a suo favore, visibile nella scelta consapevole di mantenersi sempre un passo dietro: riprendendo quella gioiosa romanità caciarona perfetta del suo esordio (Scialla!) senza strafare, rinunciando a mostrare la dimensione più autobiografica e per questo autoreferenziale del protagonista regista (non si vede neanche un frammento dei suoi film, mentre quando ne viene proiettato uno in ospedale ecco che spunta un gustoso cameo di Bruni). Lo sguardo della macchina da presa accarezza i suoi personaggi e le loro reazioni, diventa dolce e soffuso, circonda gli attori senza costringerli ma riuscendo a fare emergere la componente recitativa più personale: anche questo fa parte della cifra stilistica dell’autore della storia, sempre attento agli interpreti nel momento in cui ne valorizza in maniera vertiginosa sfumature ed esigenze espressive (qua è eccellente il lavoro fatto su/con Lorenza Indovina, su Raffaella Lebboroni, su Fotinì Peluso, su Ninni Bruschetta).

Va poi evidenziato un particolare: Cosa Sarà è fortemente autobiografico. Non che questo sia funzionale alla sua riuscita o alla sua bellezza. Ma in un panorama nazionale nel quale la commedia e il dramma sono spesso derivativi, riuscire a raccontare una storia così personale (e sicuramente catartica) e insieme allargare le riflessioni al mondo esterno toccando corde emotive nascoste e intime, è una nota ulteriore di merito, mostrando quanto sia importante guardarsi dentro per capire meglio quello che c’è fuori, e viceversa. E rendendo Cosa Sarà ancora più prezioso, mentre con incedere elegante e raffinato evita il dolore riuscendo a scansarlo solo con la sola forza dell’amore.

voto_4

Gianlorenzo Franzì
Figlio della Calabria e di Lamezia Terme, è critico onnivoro e militante, preferisce il rumore del mare e il triangolo Allen-Argento-Verdone. Vive e si nutre di cinema che infiamma: si commuove con Lynch e Polanski, Nolan e Cronenberg, pugni in tasca e palombelle rosse, cari diari e viali del tramonto, ma è stato uno dei primi critici ad accorgersi (e a scrivere) in maniera teorica delle serie tv e della loro inesorabile conquista del grande schermo. Incredibile trovi il tempo di fare anche l’avvocato: perché dal 2007 è direttore artistico della Mostra del Cinema di Lamezia Terme - LFF da lui creata, dal 2004 ha un magazine tv (BUIOINSALA, ora in onda dalle sale del circuito THESPACE) e uno in radio (IL GUSTO DEL CINEMA), scrive o ha scritto su Nocturno Cinema, Rivista Del Cinematografo, Teatro Contemporaneo e Cinema, Weird Movies, ha pubblicato due saggi (uno su VOCI NOTTURNE, uno su Carlo Verdone). Ha una good wife ma si è perso nei labirinti di LOST: ancora non si è (ri)trovato.