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FAIRYTALE – UNA FIABA

FAIRYTALE – UNA FIABA

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La prosopopea e la fiaba.

Alle porte del Paradiso, in Purgatorio, chissà dove: malgrado quanto dice l’esangue Gesù Cristo (chiara citazione di Andrea Mantegna) che si lamenta per l’agonia non ancora terminata, non è chiarissimo dove si trovino davvero Stalin, Hitler, Churchill e Mussolini nella nuova opera di Aleksandr Sokurov. Ci sono le scenografie che ricordano, tra l’altro, le celebri incisioni di Doré per le cantiche della Commedia dantesca (e anche Escher, Piranesi e tanto altro). Ma questo è ancora poco.

Lasciamo allora perdere dove si dovrebbero trovare i personaggi e pensiamo a dove si trovano per noi, oggi, a molti decenni di distanza dai fatti che li videro principali protagonisti della storia d’Europa alla quale il regista russo film dopo film seguita a guardare per scorgervi i segni del suo destino. Un primo chiaro indizio lo porge la didascalia che apre il film, una sorta di opera buffa (lo stesso Sokurov si fa citare nei discorsi) che sfida il deepfake e il cinema dell’intelligenza artificiale con la vastità e profondità della ricerca d’archivio, con un’animazione che rimanda, pur discostandosene per la complessità e grandiosità delle scenografie, alle nebbie e agli onirismi di Yuri Norstein, con una libertà e logica di discorso che si riallaccia a Francofonia (2015) e alla prosopopea che pare la cifra anche di questo suo ultimo lavoro.

In definitiva, il messaggio è palese: questi fantasmi sono ciò che siamo anche noi. Modesti esseri umani che rimangono preoccupati di piccole e grandi cose, ossessionati come sono da memorie, rimpianti, meschinità e desideri di trionfo: così è per Hitler e il suo popolo eletto, quello tedesco (e per gli ebrei, che odia smisuratamente e che scorge ovunque come gramigna del mondo), anche se poi pensa con malinconia a Wagner e al Götterdämmerung, e forse ancora di più alla figlia del compositore che avrebbe potuto sposare; così è per Stalin e il suo amato popolo russo, mentre gli odori (un Leitmotiv del film) lo ossessionano, mentre Churchill continua a pensare alla regina e all’ironia della storia e Mussolini alle sue riforme sociali e al plauso del popolo che lo seguiva.

Storie mediocri contraddette dalla spaventosa immensità del ruolo che questi individui hanno giocato nella Storia (e per contrasto si lavora anche nella colonna sonora, con il brano degli Extraliscio Primavera notturna – che il regista ha conosciuto grazie alla mediazione di Elisabetta Sgarbi – che si fa largo in mezzo alle composizioni orchestrali di Murat Kabardokov), un mosaico di figure e situazioni concatenate che risulterebbe irrispettoso e in certo modo ingiusto riprodurre con le più avanzate tecniche digitali, ma che resta a suo modo impresso nella retina quando è il Cinema a farne tesoro: come si moltiplicano le identità e le contraddizioni dei quattro statisti così si moltiplicano le sfaccettature e letture dovute all’impressionante mole delle immagini ricavate da cinegiornali e materiali di repertorio.

Forse è lecito chiederci se non sia un po’ troppo logico e consequenziale quanto si delinea di fronte a noi mentre guardiamo Fairytale, che può spazientire qualcuno perché ribadisce le cose che in fondo Sokurov aveva già detto benissimo da Arca Russa in qua. Eppure la concezione dell’opera è così radicale che difficilmente assume un senso attaccarsi ai temi per criticarne la ripetitività: la pietas, il raccoglimento e la riflessione che tutto permeano costituiscono il vero messaggio dell’opera che, come un grande lavoro pittorico, acquista sempre più significato via via che vi si ripensa nella memoria.

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Denis Zordan
Il Matrimonio di Maria Braun di Fassbinder ha mutato un liceale snob e appassionato di letteratura in un cinefilo, diversi lustri fa. Da allora i film sono stati tanti e le folgorazioni moltissime: da Heat di Michael Mann (“Il” film) agli heroic bloodshed di John Woo, passando per valangate di pellicole orientali e la passione per il cinema di Fritz Lang, Jean-Pierre Melville, Alfred Hitchcock, Werner Herzog, oltre che per i thriller e gli horror. Ha scritto per Cinemalia, The Reign of Horror, CineRunner. “Il Bel Cinema”, di cui è il fondatore, ha l'ambizione di mettere un po' di ordine nella sua gargantuesca voracità: ma è probabile che finisca con l'acuirla ancora di più.