L’arte dello spiazzamento.
Non facciamoci ingannare. Benchè sembri un film che ci mena, come il famoso cane, in giro per tutta l’aia, Finale a Sorpresa – Official Competition di Mariano Cohn e Gastón Duprat è qualcosa del tutto diverso. Ossia un sagace test di resistenza spettatoriale. Come nei precedenti Il cittadino illustre (2016) e Il mio capolavoro (2018, firmato dal solo Duprat in regia), i registi argentini continuano nel loro gioco a rimpiattino con il pubblico. Anche Competencia Oficial, questo il titolo originale del film presentato in Concorso a Venezia 2021, è infatti un’opera che riflette sui meccanismi della ricezione, in un viavai insistito tra azione e reazione, tra adesione e spiazzamento, che vuol far saltare i meccanismi primari dell’identificazione dello spettatore.
Qui però, mettiamolo in chiaro per bene, non ci sono tesi da dimostrare né, brechtianamente, riflessioni da innescare. Il paradosso, che tale alla fine rimane, è che la rappresentazione mantiene un valore in sé e per sé (come afferma più che pomposamente nella conferenza stampa conclusiva anche la regista del film fittizio Rivalidad – la come sempre magnifica Penelope Cruz), ma non può fare a meno del riferimento al pubblico, di una presenza e di una complicità (voluta o meno che sia) da parte di chi guarda.
Invano quindi si cercherebbe un significato univoco “dentro” il plot del film; chi sta al di qua della quarta parete è imprescindibile, anche senza la rottura della stessa. E con buonissima pace della forza e del valore intrinseco delle immagini, oggi tornati di moda come cavallo di battaglia dei romantici del cinema e del suo mito. Prova ne siano certi reaction shots apparentemente frutto di comicità di basso profilo: si pensi agli stacchi di montaggio sul viso del produttore Don Humberto durante la sequenza dei baci (più o meno) passionali alla figlia o al fulmineo (e tipico) close-up del gatto dopo la spassosa scena della stramba musica ascoltata da Ivan e da sua moglie.
Possiamo anche strapparci le vesti (sì, ma non esageriamo, suvvia) e dire che non è niente di nuovo e che alla fine è la magia delle storie a catturarci, anche quando se ne svelano i meccanismi e si sabotano o disturbano la verosimiglianza o la fruizione: e del resto qui nessuno dimentica che di film sul cinema nel suo farsi ne abbiamo visto a carrettate prima di questo, da Fellini e Godard passando per Truffaut e Fassbinder (il da molti dimenticato Attenzione alla puttana santa) per arrivare fino a, tra i tantissimi, Woody Allen, Paul Thomas Anderson, Nanni Moretti, Martin Scorsese, Damien Chazelle (e mi limito agli occidentali, per carità). Ma trovatemi un altro film recente che sappia farci ridere così bene – ossia non in modo crasso e liberatorio – con scene come quella del masso (forse ce la può fare a tratti Vi presento Toni Erdmann, di certo non The Square). O che sappia rendere odiosi e insalvabili tutti i suoi protagonisti eppure riuscire a farci ingannare tanto astutamente dalla loro recitazione (Banderas sempre più bravo). Accetto segnalazioni, anzi, le pretendo.
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