Squadra che vince non si cambia.
A distanza di ben quattordici anni dalla realizzazione de Gli Incredibili, la Pixar e Brad Bird portano al cinema l’attesissimo sequel di uno dei loro titoli più amati e apprezzati di sempre. La famiglia Parr deve ancora sottostare alle restrizioni governative che vedono nei supereroi delle potenziali minacce per l’umanità. Helen e Bob, alle prese con una difficile e precaria situazione economica, vengono contattati da una coppia di fratelli facoltosi che si presentano come loro estimatori. Decisi a organizzare una campagna mediatica a favore dei supereroi, propongono a Helen di esserne la testimonial, offrendo alla famiglia Parr una nuova, lussuosa e super tecnologica residenza. Da mamma tuttofare Helen torna così a vestire i panni di Elastigirl per convincere il governo che i super eroi non rappresentano una minaccia ma un sostegno prezioso per la comunità.
Vujadin Boškov, allenatore di calcio jugoslavo alla guida di diverse squadre italiane negli anni ’80 e ’90 divenuto celebre per i suoi sintetici e arguti aforismi, sosteneva che squadra che vince non si cambia. Evidentemente questo motto imperituro e immarcescibile deve essere giunto anche alle orecchie di Brad Bird che decide di andare sul sicuro, “limitandosi” a seguire e a ripetere pedissequamente la struttura narrativa del film originale, invertendo semplicemente i ruoli di Bob e Helen. Se nel primo capitolo Mr. Incredibile era al centro della trama d’azione e la moglie restava a casa a occuparsi della prole, qui tocca a Elastigirl il ruolo di super eroina, col marito alle prese con la dura e faticosa routine quotidiana, impegnato ad aiutare Flash nei compiti a casa, a districarsi nei primi amori adolescenziali di Violet e a gestire il piccolo Jack-Jack e i suoi esplosivi super poteri. Come accadeva nel capostipite l’intreccio familiare è nuovamente il cuore del film mentre la parte super eroistica risulta sovraccarica e ridondante, rischiando a lungo andare di stufare e di appesantire la visione. Nel primo capitolo le due parti erano più bilanciate e equilibrate, senz’altro meglio amalgamate, con il canovaccio d’azione decisamente più originale e interessante rispetto a quello allestito per il sequel da Bird, autore in entrambi i casi del soggetto e della sceneggiatura. Certo, la confezione de Gli Incredibili 2 è di prim’ordine, il livello tecnico è indiscutibilmente eccelso, le sequenze d’azione sono impeccabili e le dinamiche familiari funzionano a dovere. L’ironia non manca, il piccolo Jack-Jack, di cui avevamo ammirato le incredibili e devastanti potenzialità nel bel corto che accompagnava l’uscita in home video del primo film, ha molta più importanza rispetto al capitolo precedente e finisce per essere uno dei punti di forza del sequel (la scena in cui lotta col procione è meravigliosa e esilarante). Però, ecco, dalla Pixar era lecito attendersi qualcosa di più, un guizzo o un lampo di genio purtroppo non pervenuti. Piuttosto, a emergere con forza è l’impressione che i vari prequel, spin-off e seguiti sfornati in questi anni dalla Pixar non siano all’altezza dei prototipi, con la sola e unica eccezione della saga di Toy Story, cresciuta enormemente di film in film. Sarebbe meglio allora concentrare forze, energie e idee su nuovi progetti e storie originali, come dimostrato in tempi recenti da quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Coco o dal delicato e sorprendente Bao, il corto abbinato come da tradizione all’uscita al cinema dell’ultimo lungometraggio della Pixar, che ha il coraggio di osare e di spiazzare il pubblico con una storia adulta che racchiude al suo interno una metafora audace e inconsueta.
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