Sign In

Lost Password

Sign In

HULK

HULK

Diretto Da: Genere: Durata: Con: , , Paese: Anno:

hulk_splitscreen_example

Un supereroe con connotazioni freudiane e scespiriane.

Nell’ormai lontano 2002 Hollywood, rinfrancata dallo sbalorditivo successo dello Spider-Man di Sam Raimi, decide che affidare i supereroi agli Autori non è poi tanto male, così, la Universal, sceglie di dare le redini dell’adattamento cinematografico di un altro popolarissimo personaggio creato da Stan Lee, il gigante di giada Hulk, ad un regista fresco di Oscar (per La tigre e il dragone) come Ang Lee, intellettuale e solitamente estraneo all’universo mainstream. Il regista taiwanese è uno che spesso ha sbagliato film ma che non si è mai ripetuto, e a cui va riconosciuto il coraggio di essersi imbarcato in imprese ambiziose, sfidando convenzioni e sicurezze. Ang Lee si avvicina all’universo colorato dei supereroi Marvel con il piglio adulto e cerebrale che ci si aspetta dall’autore di Tempesta di ghiaccio, I segreti di Brokeback Mountain e Il banchetto di nozze, e confeziona un kolossal cupo e lontano da ogni classificazione.

Lee e il suo sceneggiatore di fiducia James Schamus rendono arduo simpatizzare con qualcuno dei protagonisti, relegano le sequenze spettacolari all’ultimo atto della pellicola, trasformano il fumetto in una tragedia psicanalitica dove l’eroe è sprovvisto di un vero e proprio super potere, ma è più un essere maledetto dalla sorte, che non fa assolutamente nulla di eroico per tutto il corso del film (a parte proteggere la donna che ama), una sorta di versione digitale di Dottor Jekyll e Mr. Hyde incapace di rapportarsi con il mondo circostante e quindi costretto a rimanere un emarginato. Un’epopea dark che nel suo genere potrebbe essere avvicinata solamente a Batman – Il ritorno di Burton, unico altro tentativo, nel suo genere, di destrutturare così radicalmente i prodromi del “super”eroe a stelle e strisce.

Non ci sono buoni né cattivi nell’Hulk di Ang Lee, c’è solo un mondo ostile e freddo, sprovvisto di punti di riferimento, in cui metaforicamente i figli devono fare i conti con le colpe dei padri (lo scontro finale tra padre – interpretato da un monumentale e psichedelico Nick Nolte – e figlio, ormai trasmutati in esseri onnipotenti e metafisici è poetico) e con quelle del proprio Paese (l’altro ostacolo da superare è rappresentato dall’avido governo degli Usa e dalle sue forze militari, che vorrebbero sfruttare il potere della Creatura per scopi bellici). L’unica cosa a cui appigliarsi, l’unico raggio di luce che permette al Mostro di farsi nuovamente Uomo è rappresentato dall’Amore di una donna, anch’essa forse persa per sempre. Nonostante gli split screen della prima parte che vorrebbero richiamare il mosaico delle tavole di Jack Kirby e Stan Lee, Hulk è un film che ha pochissimo da spartire con l’universo colorato e spumeggiante dei comics, ma che si colora piuttosto di connotazioni freudiane e scespiriane, alzando enormemente l’asticella di quello che è consentito dire e mostrare all’interno di un blockbuster americano.

Forse Ang Lee ha puntato troppo in alto, forse ha commesso l’errore di intellettualizzare oltremisura un personaggio che doveva rimanere ad uso e consumo del pubblico delle multisale, vedremo il tempo a chi darà ragione. Resta il fatto che il film, alla sua uscita, ha finito per incassare molto meno del previsto e obbligato la Universal a correre ai ripari, pianificando un reboot della saga a tempo record (arrivato nel 2008), affidato al più impersonale Louis Letterier, regista che sa badare solo all’azione (e nemmeno a quella tanto bene) e che ha riportato il personaggio all’interno di coordinate più prevedibili e consolidate, interpretato questa volta da un divo spaesato come Edward Norton (lo sostituirà in The Avengers il più convinto e simpatico Mark Ruffalo). Segno dei tempi: l’anarchica e triste creatura portata sullo schermo da Ang Lee poco più di un decennio fa, nel kolossal diretto da Joss Whedon finalmente riesce a controllare la propria rabbia e ad allearsi con un team di supereroi filo-governativi.

voto_4

Alex Poltronieri
Nasce a Ferrara, vive a Ferrara (e molto probabilmente morirà a Ferrara). Si laurea al Dams di Bologna in "Storia e critica del cinema" nel 2011. Folgorato in giovane età da decine di orripilanti film horror, inizia poi ad appassionarsi anche al cinema "serio", ritenendosi oggi un buon conoscitore del cinema americano classico e moderno. Tra i suoi miti, in ordine sparso: Sydney Pollack, John Cassavetes, François Truffaut, Clint Eastwood, Michael Mann, Fritz Lang, Sam Raimi, Peter Bogdanovich, Billy Wilder, Akira Kurosawa, Dino Risi, Howard Hawks e tanti altri. Oltre a “Il Bel Cinema” collabora con la webzine "Ondacinema" e con le riviste "Cin&media" e "Orfeo Magazine". Nel 2009 si classifica terzo al concorso "Alberto Farassino - Scrivere di cinema".